ROMA – Carlo Ancelotti, tutti lo vogliono. Berlusconi vota per lui… e per Tavecchio. Un affondo contro Carlo Tavecchio da una parte, un’investitura pro-Carlo Ancelotti dall’altra, mentre parte il count down in vista del cruciale consiglio federale di lunedì e l’identikit del futuro commissario tecnico della nazionale pare somigliare sempre più al ‘discepolo’ di Arrigo Sacchi. A tre giorni dall”apocalisse’, in Federcalcio ci si prepara al ‘redde rationem’ di lunedì, mentre hanno cominciato a prendere corpo, sia pure ancora velatamente e in via solo ufficiosa, i primi contatti tra il management di via Allegri e i ‘papabili’ per la futura panchina azzurra, da ieri orfana di Gian Piero Ventura.
Carlo Ancelotti è il nome più gettonato, forte anche dell’endorsement di Arrigo Sacchi (“Sono felice se Carlo è felice”, ha detto all’Ansa), di Giovanni Malagò (“A chi è che non piace Ancelotti? Nessun italiano può avere dubbi sul suo nome. Ben venga se fosse lui il nuovo ct”) e del parere di Silvio Berlusconi (“Per me Carletto potrebbe essere l’allenatore giusto”). L’ex tecnico di Milan, Chelsea, Psg, Real e Bayern, in questi giorni a Vancouver, in Canada, aveva già in programma un viaggio in Italia a fine mese ma il tam-tam di queste ore ventila anche un possibile sbarco anticipato.
Il nome del tecnico di Reggiolo non è comunque l’unico scritto in neretto nell’agenda del management di via Allegri che monitora anche altri profili di uguale spessore e stesso carisma: Antonio Conte, Massimiliano Allegri e Roberto Mancini. Intanto oggi il presidente del Coni, Giovanni Malagò, è tornato alla carica contro i vertici federali trovando sponda anche nell’eroe del Mundial ’82, Marco Tardelli che ricorda che “quando si commettono degli errori si va via”.
Malagò ha ripetuto che “nell’interesse di Tavecchio stesso e in quello del suo movimento, presentarsi da dimissionario al Consiglio federale e avere la fiducia con un programma piuttosto che magari dire che non era disponibile a farlo sarebbe stata la cosa più saggia”, ha chiosato Malagò, ricordando che “non ci sono gli estremi per un commissariamento. Il calcio italiano si cambia cambiando le persone o cambiando i programmi con delle dinamiche di gestione diverse: io ho 64 federazioni e ognuno ha il diritto e dovere di gestire all’interno le proprie attività”.
In chiave politica, il ministro dello Sport, Luca Lotti, ricorda che “come governo ci siamo resi conto che qualcosa nel mondo del calcio non andava, non due giorni fa, ma da un po’ di tempo. E da un po’ di tempo stiamo provando a dare una mano al calcio a ripartire. So che la federazione si riunirà in Consiglio federale lunedì. Attendo ulteriori soluzioni che vorranno presentarci”.
Meno diplomatico Marco Tardelli: “Penso ci vorrebbe un pochino di dignità ogni tanto quando si commettono degli errori. Si devono ammettere e andar via, altrimenti non cambierà niente, e questo potrebbe essere un dramma”, le parole dell’ex ct dell’U21 secondo cui “il calcio italiano va rifondato o perlomeno ristrutturato. Così non può continuare. Bisognerà puntare molto sui giovani, non tanto sulla questione degli stranieri perché ci sono anche in Germania e Spagna. Non è quello che crea il problema, probabilmente si dovranno rivedere i campionati e i centri federali che sono importanti per la nazionale”.
Magari partendo anche dagli impianti, come sostiene il centrocampista del Napoli Marek Hamsik: “Il calcio italiano è tra i migliori del mondo, ma l’Italia deve migliorare. Da un punto di vista del movimento è fortissimo, ma come strutture è dietro ad altri Paesi. Bisogna lavorare tanto sotto questo aspetto, anche la Slovacchia sta costruendo stadi nuovi e moderni. Questo, in Italia, manca molto”.