Bonucci-Allegri, i retroscena della Gazzetta su un addio inevitabile Bonucci-Allegri, i retroscena della Gazzetta su un addio inevitabile

Bonucci-Allegri, un divorzio inevitabile: i retroscena della Gazzetta

Bonucci-Allegri, i retroscena della Gazzetta su un addio inevitabile
Bonucci-Allegri, i retroscena della Gazzetta su un addio inevitabile. ANSA/SIMONE VENEZIA

TORINO – La Gazzetta dello Sport, in un articolo a firma di Jacopo Gerna, ha parlato dell’addio di Leonardo Bonucci alla Juventus raccontando i motivi che si celano dietro la sua scelta di trasferirsi al Milan. Alla base ci sarebbe un pessimo rapporto con l’allenatore Massimiliano Allegri.

Il primo vero gelo tra Bonucci e Allegri – Leo dice a Max di cambiare Marchisio, affaticato, racconta La Gazzetta dello Sport. Allegri la prende male e gli urla “Zitto e pensa a giocare testa di c…”. Il tutto amplificato da 20 e passa telecamere. “Se Bonucci un giorno vorrà allenare – dice Allegri in sala stampa – avrà da imparare, ma intanto ha sbagliato. E anche io con lui”. Lo strascico però è pesante: Bonucci viene spedito in tribuna nell’andata degli ottavi di Champions col Porto. Si guarda la partita seduto su uno sgabello vicino a Marotta e Nedved, ma ci resta malissimo.

A Cardiff la rottura definitiva tra Bonucci e Allegri –  Ricomporre fratture del genere è complicato. Allegri e Bonucci, da persone intelligenti, decidono di remare nella stessa direzione fino a fine stagione. Poi c’è la disgraziata finale di Cardiff, con quell’intervallo di bisticci ufficialmente smentiti da tutti ma più che mai ricorrenti nelle voci di corridoio. Dani Alves con Dybala, Bonucci ancora con Allegri e persino Barzagli. Poco importa ormai. Resta un clima però potenzialmente a rischio al via della nuova stagione, con Allegri più che mai saldo timoniere fresco di rinnovo. E la Juve, artificiere di provata efficacia, preferisce disinnescare immediatamente tutte le potenziali “bombe a orologeria”. Da Alves a Bonucci, poi accolto come il nuovo re di Milanello. Perché la filosofia è sempre quella, da decenni: la squadra è al di sopra di tutti i singoli, anche di quelli molto forti.

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