Ventitré anni di carcere la richiesta della Procura Generale per la morte dell’attaccante: il processo è ancora in corso
Ventitré anni di carcere. Questa la richiesta che il Procuratore generale della Repubblica di Castrovillari, Alessandro D’Alessio, ha fatto nei confronti di Isabella Internò.
Il caso è quello che riguarda la morte di Denis Bergamini, attaccante del Cosenza, morto il 18 novembre 1989. Suicidio la tesi portata avanti dalle indagini subito dopo la sua scomparsa, una tesi a cui familiari e amici non hanno mai creduto. Le successive analisi condotte dai Ris hanno portato alla riapertura del processo e all’iscrizione della fidanzata dell’epoca, Isabella Internò, nel registro degli indagati.
Ora la richiesta della Procura generale in udienza: la richiesta di 23 anni di reclusione per la Internò in quanto responsabile della morte del calciatore. D’Alessio ha affermato che la donna “ha agito con volontà, premeditazione e motivi abietti e futili“.
Motivi che sarebbero da ricercare nella gelosia esasperata della Internò nei confronti di Bergamini. Una gelosia scoppiata quando il calciatore decise di lasciare la donna dopo anni di tira e molla ed una gravidanza interrotta. L’omicidio, secondo l’accusa, sarebbe stato messo in atto per la volontà dell’attaccante di lasciare in maniera definitiva la donna. Un addio maturato nel corso degli ultimi anni di vita, con l’intenzione del calciatore di non sposare la Internò nonostante nel 1987 questa avesse interrotto una gravidanza, anche se Bergamini provò di tutto per convincerla a tenere il bambino.
Il Procuratore spiega che l’omicidio è stato poi realizzato da persone non ancora identificate ed ha chiesto la condanna per omicidio volontario pluriaggravato, pur concedendo le attenuanti generiche perché sono passati oltre 30 anni e la donna è oggi un’altra persona. Nella requisitoria dell’accusa una parte importante è stata attribuita alla testimonianza di Tiziana Rota, amica sincera di Isabella e moglie di Lucchetti, compagno di squadra di Bergamini al Cosenza. Una testimonianza che avvalora, secondo l’accusa, la tesi dell’omicidio.
Un omicidio che è stato poi fatto passare per suicidio per lunghi anni, prima che anche le indagini dimostrarono la morte causata da soffocamento, prima che il corpo fosse gettato sotto un camion. Un tentativo di nascondere la reale natura della morte di Bergamini che l’accusa ha definito una “squallida messa in scena” e che è stata smontata grazie alle indagini compiute dai Ris e all’autopsia sul corpo del calciatore, riesumato nel 2017 dopo la riapertura del caso. Ora la richiesta: 23 anni di condanna per Isabella Internò, in attesa di scoprire chi ha materialmente commesso l’omicidio.
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