Il calcio ai tempi del coronavirus, cambia modo di esultare e protestare Il calcio ai tempi del coronavirus, cambia modo di esultare e protestare

Il calcio ai tempi del coronavirus, cambia modo di esultare e protestare

ROMA –  Il calcio sta tornando in tutto il mondo, anche in Italia.

Chi ha già ricominciato, come i tedeschi, ha festeggiato così:

Lee Jae-Sung, centrocampista coreano dell’Holstein Kiel che ha segnato il primo gol della storia del calcio tedesco post-pandemia nella partita contro il Regensburg valida per la Bundesliga 2 (la Serie B della Germania scesa in campo qualche ora prima del massimo campionato a metà maggio).

Ha festeggiato scambiandosi tocchi di gomito con i compagni evitando contatti ravvicinati.

La sua è stata una scelta in qualche modo obbligata, il linea con le disposizioni del protocollo medico seguito dal campionato tedesco.

Questo documento di 35 pagine vieta “abbracci, strette di mano e altri tipi di contatti non strettamente connessi al gioco”.

Un rispetto delle regole che rende quasi grottesco festeggiare un gol e che non tutti hanno preso alla lettera.

I giocatori dell’Hertha Berlino, infatti, si sono abbracciati mentre altri come i calciatori del Borussia Dortmund hanno celebrato la vittoria (4-0 nel derby allo Schalke 04) attraversando il campo per poi andare a saltare e ad applaudire sotto la curva.

Una platea silenziosa di seggiolini vuoti, gialli e neri.

Torna il calcio in Italia, tutto quello che c’è da sapere.

In Italia non è imposto dal protocollo uno stop all’esultanza – per cui potremo vedere scene di abbracci in campo – ma di certo si pone un freno alle proteste:

per “dialogare” con gli arbitri, infatti, i calciatori dovranno rigorosamente rispettare la distanza sociale prevista di 1,5 metri.

Chissà che non sia questa la vera rivoluzione e al contempo la più faticosa delle regole da rispettare.   

Solo quando il calcio ripartirà si potrà davvero affermare che stiamo tornando a una parvenza di normalità.

Manca poco:

il 12 giugno si riparte con la Coppa Italia, con Juventus-Milan.

Una partita che vedrà incollati al televisore milioni di italiani in crisi di astinenza da pallone e che sarà trasmessa ovviamente in chiaro su Rai1.

Un segnale forte, come spiegato anche dal ministro Spadafora che ha dettato i tempi (e in qualche modo anche le modalità) della ripartenza.

Un’iniezione di fiducia, di portata psicologica non trascurabile, che però non significherà cancellare con un colpo di spugna tutto quello che abbiamo passato negli ultimi mesi.

E lo capiremo subito vedendo scendere in campo in calciatori (entra prima la squadra ospite poi quella di casa, mentre alla fine del primo tempo e poi della partita uscirà per prima la squadra ospite), in uno stadio desolatamente vuoto.

Nessun accompagnamento da parte di bambini, nessuna mascotte, nessuna foto di squadra, nessuna cerimonia pre-gara con altre persone, nessuna stretta di mano.

Poi la partita, dove non sarà possibile ovviamente tenere la ‘distanza sociale’ durante il gioco ma forse lo si farà durante i festeggiamenti per un gol.

Magari dandosi un colpo di gomito (fonte Agi).

Gestione cookie