Calcio italiano: probabile fuga degli stranieri, giustizia per i ragazzi del nostro vivaio

C’è qualcosa di nuovo nel calcio italiano: la probabile fuga degli stranieri, perché le società non potranno più usufruire degli incentivi quando andranno a comprare all’estero.

Si piange a Milano come a Roma, a Napoli come a Torino. E’ un bene o un male? A questo interrogativo facciamo rispondere i numeri. I quali dimostrano come ormai nelle formzioni delle squadre sopratutto di rango i calciatori nostrani siano una sparuta minoranza. Al solito è una questione di soldi a creare un quadro simile: se continuava il ritornello di oggi avremmo potuto dire addio ai risultati della nostra nazionale.

L’imbarazzo comincia dai tifosi, compresi gli ultrà che spesso e volentieri non sanno nemmeno pronunciare il nome del loro idolo. Troppo difficile la pronuncia, meglio un Rossi o un Bianchi non vi pare? Scherzi a parte, non potevamo continuare a piangere lacrime amare se gli azzurri non partecipavano più ai mondiali o potevano dire addio come leader al campionato europeo.

Gli esempi sono recenti ed è una delle ragioni (non la sola, per carità) per cui Roberto Mancini ha preferito emigrare. Certamente, i milioni degli emiri lo hanno convinto, ma anche lui deve aver compreso che, stando così le cose, l’Italia aveva ben poche chances di ritornare ai livelli di una volta.

Come sempre accade nel nostro Paese, la decisione ha diviso gli animi: Guelfi e Ghibellini. E’ così in politica, perché il football deve essere da meno?

Allora, oltre alle società, c’è chi piange e chi ride. I contrari sono i difensori del campanilismo: l’importante è che vinca la squadra del cuore anche se in formazione i cognomi italiani si contano sulle dita di una mano, forse meno. Se l’Inter compra all’estero e se ne infischia delle giovani promesse nostrane che potrebbero maturare ben presto, va bene così. Il gioco vale la candela se i cugini del Milan non vinceranno mai più una partita nel derby meneghino.

Se la Roma è infarcita di giocatori europei o d’oltre oceano che fa? L’importante, alla fine dei giochi, è avere un punto in più degli odiati biancocelesti della Lazio. 

In questa maniera è più che comprensibile la discesa del calcio italiano. Ecco perché chi applaude alla nuova iniziativa (quella di togliere gli incentivi agli acquisti fatti all’’estero) ragiona con la mente e il cuore che batte le mani al tricolore.

Forse, se vogliamo lasciar da parte il tifo a tutti i costi, si deve dire che l’ultima scelta che riguarda gli stranieri è più che azzeccata. Probabilmente, sui nostri campi di calcio ci sarà meno spettacolo, dovremo fare a meno di vedere gli assi del Barcellona, del Real Madrid, del Manchester City.

Però sarà una manna dal cielo per i nostri giovanotti vogliosi di dimostrare quanto valgono e stanchi di rimanere sempre in panchina in attesa del cenno di un allenatore.

Ogni medaglia ha il suo rovescio: forse, per il momento, sui nostri campi c’è chi sbadiglierà e guarderà con invidia al passato.

Dobbiamo dircela tutta: è vero che qualche campione di rango avrà difficoltà a trasferirsi in Italia; ma, nel contempo, quante bufale rimarranno nel loro Paese? La memoria mi riporta ad un acquisto fatto dalla Roma alcuni anni fa: un brasiliano con un bel nome. Andrade.

Si dicevano cose strabilianti su di lui: in tv apparvero alcuni filmati che dimostravano quanto fosse bravo. Ma all’apparir del vero (scriverebbe Giacomo Leopardi) si rivelò una grande “sola” (sostantivo che nel gergo romano vuol dire fregatura). Una, due, tre, dieci volte in formazione, finché i tifosi stanchi, rivolgendosi ai dirigenti giallorossi esclamarono“: Andrade tutti a quel paese” (espressione vera censurata). 

In fondo, anche i più riottosi dovranno convincersi che finalmente è stata fatta giustizia per gli scalpitanti ragazzi del nostro vivaio. Con tutta probabilità, gli aficionados del pallone soffriranno qualche pena: ma alla fine, non tanto più in là, i risultati verranno e diranno che la nostra nazionale potrà competere con gli avversari migliori in Italia e nel mondo.

La fuga cambierà in ritorno, in specie per quegli allenatori costretti ad emigrare per dimostrare il loro talento. Rientreranno in Italia e tutti vivremo felici e contenti.

 

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Bruno Tucci