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Buffon e gli assegni al tabaccaio. Santoni disse (e poi ritrattò): “Malato di gioco”

di Emiliano Condò |1 Giugno 2012 0:15

Gigi Buffon (LaPresse)

TORINO – Un milione e mezzo di versamenti in meno di un anno. Un milione e mezzo che parte sempre dallo stesso conto e arriva in quello di Massimo Alfieri, un signore che vive a Parma e a Parma ha una tabaccheria. Il conto da cui i versamenti partono, invece, è quello di Gigi Buffon, portiere della Juventus e della Nazionale: soldi tracciati di cui la magistratura di Cremona sa tutto o quasi. Si tratta di 14 assegni, a firma Buffon,  con importi che variano tra i 50 e i 200 mila euro: in totale fa 1 milione e 585 mila euro. Soldi che, è l’ipotesi degli investigatori di Cremona, Buffon avrebbe utilizzato per piazzare scommesse.

Già qui c’è il primo bivio: il portiere, infatti, non è indagato. Perché, secondo la giustizia ordinaria, scommettere non è reato. Scommettere tanto neppure: è casomai discorso “etico” e in nessun modo giuridico. Reato è taroccare le partite, cosa di cui il portiere azzurro non è neppure vagamente sospettato.

Scommettere, però, è tassativamente vietato ai tesserati dalla giustizia sportiva. E non è un divieto circoscritto alla singola partita: che il tesserato scommetta sulla propria squadra o su quella di un’altra serie o nazione è irrilevante, sempre di comportamento illecito trattasi. Ai tifosi può interessare il fatto che “Buffon non trucchi le partite”. Interesse lecito ma, appunto, da tifoso. Alla giustizia sportiva, invece, potrebbe e dovrebbe interessare l’accertamento delle scommesse.

Così è proprio da una “nota riservata” che rischia di aprirsi un altro filone dell’inchiesta calcio scommesse. Il documento non è recentissimo, porta la data del 29 dicembre. Conta però il contenuto: è la procura di Torino che chiede a Cremona la trasmissione degli atti che riguardano Buffon. Atti che, per competenza territoriale, spetterebbero proprio alla città dove Buffon gioca.

Il portiere della Nazionale, dopo aver parlato, e molto, fino al giorno prima per ora tace. Per lui parla il suo avvocato Marco Valerio Corini, descrivendo Buffon “amareggiato per l’imboscata dopo la conferenza stampa Coverciano”. La posizione del legale, insomma, è chiara: sarebbe una sorta di ritorsione per l’attacco lanciato ai pm dopo le dichiarazioni sui “blitz annunciati”.

Si tratta di una posizione non lontana da quella del presidente della Juventus Andrea Agnelli, che si trova nella scomoda situazione di dover “difendere” per la seconda volta in pochi giorni un suo tesserato. E’ vero, la posizione di Antonio Conte (indagato a Cremona) e quella di Gigi Buffon (non indagato) non sono paragonabili. Un certo fastidio, però, resta e Agnelli  definisce “singolare” il fatto che “questa informativa era oggi”. Non siamo alla “giustizia a orologeria” ma poco ci manca, insomma. Segue l’inevitabile difesa: “Gigi è un atleta assolutamente leale e non ha bisogno di arrivare a situazioni di scommesse per fare quadrare nulla. Il fatto poi che Buffon non sia neppure indagato, stupisce doppiamente. Così come è singolare e grave, che oggi venga pubblicata l’iscrizione di Bonucci nel registro degli indagati da parte di Cremona, trasmessa a Bari, dove si trovano anche nomi di persone che, a oggi, sono state sentite solo come semplici testimoni”.

Sta di fatto che non è la prima volta che il nome di Buffon spunta a margine dell’inchiesta scommesse. A novembre 2011, infatti, a parlare di Buffon e di due suoi illustri colleghi, è Nicola Santoni, ex preparatore dei portieri del Ravenna, tra i primi arrestati per lo scandalo a dire in un’intercettazione telefonica: “Buffon gioca 100-200mila euro al mese…Lui, Gattuso… Cannavaro… sono proprio malati”.

Ma della “malattia” presunta gli investigatori non sembrano aver trovato nessuna traccia. E lo stesso Santoni, qualche giorno dopo, fa retromarcia dicendo di aver “sparato nomi  a caso in una telefonata informale”. Resta la coincidenza delle cifre: 100-200 mila euro al mese, ovvero un milione e mezzo in un anno. Conti che tornerebbero ma che sono tutti da dimostrare. Il problema, casomai, è capire sulla base di quale reato ipotetico possa muoversi la giustizia ordinaria. Per la giustizia sportiva, invece, tutto dipende dal Procuratore federale Stefano Palazzi. Chiederà a sua volta le carte?

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