ROMA – Comunque vada a finire sarà un torneo di palla avvelenata. Perché il campionato di calcio che inizierà (sempre che non ne succedano altre ancora) il 25 agosto parte già carico di tossine. Veleno in testa e non nella coda, veleno che non ha a che fare con fatti che comunque sono di campo, come gli errori arbitrali. Il veleno, stavolta, viene inoculato prima: tre, forse quattro processi. Squadre già penalizzate. Squadre che patteggiano o almeno ci provano. Squadre condannate che cercano sconti o che si ritrovano coinvolte in nuovi processi. Squadre che a 20 giorni, poco più, dall’inizio del torneo non sanno se saranno penalizzate, quando e di quanto e squadre che si trovano iscritte in tornei europei in attesa di una sentenza sportiva che potrebbe cancellarle.
Al via, ma dopo ieri e il no della disciplinare al patteggiamento non è certo neppure questo, la squadra campione d’Italia si presenterà senza il suo allenatore, Antonio Conte. Perché la prima conseguenza un po’ surreale di tutta la faccenda di ieri è che in teoria Conte potrebbe scegliere di non patteggiare più, andare al processo ed essere assolto. Scenario improbabile non tanto per l’assoluzione quanto per il non patteggiamento. Ma scenario tecnicamente possibile.
Poi c’è l’altro aspetto grottesco, quello dell’Europa a tempo determinato. Già il nostro calcio, per competitività, risorse e appeal in Europa è in fase declinante. Già c’è lo snobismo gratuito del calcio italiano, quello che se non è Champions allora si mandano le riserve perché “conta di più il campionato”. Poi succede che l’Europa League non la vinciamo mai, collezioniamo figure da calcio periferico e perdiamo posti in Champions. Ora a tutto questo si aggiunge lo scenario teorico (ma con la responsabilità oggettiva non si sa mai) di squadre che iniziano la competizione e rischiano di esserne escluse per condanne in Italia. La Uefa, di norma, non gradisce le macchie sul curriculum delle concorrenti. E usa un criterio molto semplice: una X al posto del nome del club. Si va avanti senza, tanto di squadre in Europa ce ne sono a migliaia.
Intanto la sola certezza è che tutto quello che succederà in campo verrà valutato da tifosi e addetti ai lavori con la teoria del complotto da calcio scommesse. Basterà il solito rigore non dato per far pensare il tifoso della squadra X ad una fantomatica missione punitiva con i “poteri forti” come mandanti e gli arbitri come esecutori materiali.
Le premesse non sono delle migliori. Anzi, sono le peggiori possibili. Ieri davanti alla sede della disciplinare, al Foro Italico a Roma, c’era un gruppo di tifosi juventini che aspettava il procuratore Stefano Palazzi. Perché il calcio funziona così: chi ti persegue è sempre un sicario mandato dall’altra parte, dal nemico. Palazzi “uomo di m…” come recitava uno degli striscioni che l’hanno accolto, è un “sicario” mandato dall’Inter, in perfetta continuità con quanto accaduto per calciopoli. Ti sposti da Torino a Milano e la verità si capovolge: Palazzi è uno juventino, un inviato dei “poteri forti” che si è messo d’accordo con la dirigenza bianconera per infliggere a Conte una “pena ridicola”. Che Palazzi sia semplicemente un magistrato sportivo che legge le carte, costruisce ipotesi e propone punizioni “congrue” con quanto previsto dal regolamento è invece un “sospetto” che non sfiora nessuno. Troppo normale, piatto, privo di complotti. Che incidentalmente possa essere anche vero al tifoso non interessa quasi mai.
Anzi, l’esercizio preferito del tifoso è il complottismo mescolato. Si prende calciopoli e si mette insieme allo scandalo scommesse. Come se fossero l’una il seguito naturale dell’altra. Che non si sommano le mele con le rape ce l’hanno insegnato alle elementari. Ma gran parte dei tifosi quel giorno non erano a scuola. E le teorie del macro complotto proliferano. Si va dal “Conte graziato perché la Juve è stata l’unica punita per calciopoli” al “Conte punito perché da calciopoli ad oggi esiste un disegno scientifico per far fuori la Juventus).
Il tutto con la fastidiosa sensazione che, in realtà, il fenomeno scommesse non sia stato capito e valutato in tutta la sua portata. E qui la giustizia sportiva, con la sua fretta, il suo garantismo occasionale, la sua improbabile responsabilità oggettiva e i suoi processi un po’ light, c’entra fino a un certo punto. C’entra di più la giustizia ordinaria che si muove con i suoi tempi (lunghi) e produce uno stillicidio di indagati. Da Cristiano Doni e Beppe Signori (i primi) a Andrea Ranocchia sono passati mesi. E sulle scommesse indagano a Bari, Cremona e Napoli. Ognuno con una sua rosa di nomi, una sua teoria, i suoi tempi.
Succede che Palazzi da quei tempi dipende e quindi si ritrova a costruire processi a spezzoni. Alimentando inevitabilmente la teoria del complotto e i veleni. Perché quando tocca a Conte il palazzo e Palazzi sono interisti. Quando toccherà a Ranocchia sono juventini. E quando toccherà a Mauri Palazzi si sentirà dare del “romanista”.
Anche il Procuratore Figc, in ogni caso, ci ha messo del suo. Se non altro perché qualche discrepanza, qualche incongruenza c’è. Nel giro di pochi mesi si è passati da richieste di 27 punti di penalizzazione a richieste di -1 o -2. Da scenari di retrocessione di massa a richieste di patteggiamenti soft.
Intanto il 25 agosto si avvicina e ancora non è dato sapere con che classifica si partirà. L’unica certezza è che sarà una continua crisi di nervi. Sul campo, nelle dichiarazioni e soprattutto sugli spalti. Basta immaginare cosa succederà quando ci sarà Juventus-Inter o Roma-Juventus. Zdenek Zeman contro Antonio Conte. Gli scudetti di cartone, i 30 scudetti teorici, calciopoli, i rolex, il doping, i passaporti falsi. Mancavano le scommesse e le partite taroccate. Ora il campionario è completo. Non può succedere nient’altro di peggio. Forse.
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