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Calcio trasferta in Arabia Saudita, vedremo i nostri eroi stramilionari solo in tv: troppi giocatori stranieri

Calcio in trasgerta, Probabilmente dalla fine di agosto, il tifo europeo che ama il vecchio calcio si trasferirà in Arabia Saudita.

Si avrà la possibilità anche da noi di vedere in diretta tv le partite del Saudi Pro League e di non dimenticare i grandi campioni che fino a poco tempo fa giocavano in Europa, ma anche in buona parte in Italia. Se leggiamo le cifre astronomiche che sono state sborsate dagli arabi ci vien da pensare e riflettere: è ancora questo il football che abbiamo ammirato per anni? Senza dubbio no.

L’ultimo in ordine di tempo a trasferirsi negli emirati è stato il brasiliano Neymar Da Silva Santos che in due anni guadagnerà la bellezza di 320 milioni, aggiunti ai benefit di lusso che gonfieranno maggiormente il suo portafoglio. Il tifoso, che si reca allo stadio tutte le domeniche e rinuncia spesso ad andare in pizzeria con gli amici per acquistare un biglietto di curva, comincerà ad avere qualche dubbio su questo sport che pare davvero impazzito?

Quanti sono i calciatori che per il dio danaro hanno voluto trasferirsi in Arabia? Non si contano più, è diventata una prassi e così, ad uno ad uno, se ne vanno. certi di fare una scelta giusta.

“Pecunia non olet”, sostenevano i nostri padri latini. “Il danaro non ha odore” e quindi in un certo qual modo si possono capire questi trasferimenti dorati. Si rinuncia al cordone ombelicale che ti lega al tuo paese, alla bellezza di segnare un goal dinanzi agli spettatori che ti hanno visto nascere; alla gioia di vincere un campionato dopo diverse giornate di patemi d’animo. Finisce qui.

Poi, una volta raggiunta la mèta dei sogni, quale sarà la vita di questi calciatori? Sono in genere (non sempre) campioni sulla via del tramonto. Oltre i trenta, se non trentacinque anni. Potranno durare qualche ricca stagione anche se si tratta di nomi che hanno varcato da tempo la fama extraeuropea. E’ lì che comincia e finisce il  viaggio perché, una volta conclusasi l’ avventura di platino, nemmeno in Patria si ricorderanno di loro.

Eppure, questa prassi va aumentando di giorno in giorno. Esempio emblematico: le dimissioni di Roberto Mancini che ha deciso di mollare la panchina degli azzurri anche se si era ad un passo dalle qualificazioni europee.

“Non ero più ben visto dal vertice della Federazione Calcio”, si è difeso dalle accuse. Ma i rumors e le indiscrezioni dicono che anche lui è stato attratto dalla sirena dell’Arabia che, pur di averlo, sborserà la sommetta di 40 milioni o forse più.

C’è un altro aspetto che non ci si deve dimenticare perché riguarda il nostro Paese. Sono anni ormai che durante il calciomercato estivo, per comprare o vendere ci si rivolge all’estero piuttosto che in Italia. Si spende assai meno, però a volte si va incontro ad acquisti che si rivelano un’autentica bufala. “Pazienza”, si dice. Non sempre gli affari vanno bene.

Insomma, non tutte le ciambelle riescono con il buco. D’accordo, ma ai nostri giovani chi ci pensa? Come fanno i ragazzi che promettono un gran futuro a sfondare se non si dà loro l’occasione di mettersi in mostra?  Anche in questo caso c’è la possibilità di un flop; ma tanto vale rischiare se anche andare oltre i confini si raggiunge lo stesso risultato.

Se poi, la nostra nazionale delude e non raggiunge quei risultati che i tanti tifosi azzurri si augurano, beh una ragione ci sarà. Purtroppo, la quasi totalità delle squadre italiane (anche quelle di rango) sono piene di stranieri.

A volte, otto o nove calciatori compongono la formazione di compagini di rango. Allora, che cosa si aspetta a tornare all’antico quando le regole imponevano un tetto che non poteva superare il numero di tre? Inutile chiudere la stalla quando i buoi sono usciti. E’adesso che bisogna intervenire con decisioni drastiche se si vuol salvare il nostro vecchio e caro calcio.

 

Bruno Tucci

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