NAPOLI – Le schede svizzere distribuite a designatori ed arbitri e quei troppi incontri “fuori dalle sedi istituzionali” con personaggi che, da regolamento, Luciano Moggi non avrebbe dovuto poter sentire neppure al telefono.
Sono i due elementi decisivi che hanno portato i giudici del tribunale di Napoli a condannare, in primo grado, a 5 anni Luciano Moggi nel processo calciopoli.
Secondo i giudici, si legge nelle motivazioni della sentenza, l’elemento “ben più pregnante e decisivo” è rappresentato “dall’uso delle schede straniere delle quali è risultata la disponibilità procurata da Moggi a designatori e arbitri”.
Altro fattore che emerge dalle motivazioni sono gli incontri con i designatori fuori delle sedi istituzionali, che emergono dalle intercettazioni telefoniche in prossimita’ delle partite, l’uso delle schede straniere fornite a arbitri e designatori, ”il continuo e prolungato chiacchierare…che effettivamente può configurare la trasmissione del messaggio potenzialmente idoneo a spingere i designatori, e talora anche gli arbitri, a muoversi in determinale direzioni piuttosto che in altre”.
Il presidente del Tribunale, Teresa Casoria,si sofferma in particolare sul reato di associazione per delinquere indicando ”quelli che si ritengono gli elementi di prova della responsabilita’ di Moggi, utili a conferirgli la qualifica di capo dell’associazione”.
Nelle motivazioni si mette in risalto ”il rapporto diffusamente amichevole degli arbitri con Moggi, che non perde valore indiziante – si legge nella sentenza – solo perche’ dagli atti emerge il rapporto di altri arbitri non imputati e addirittura di taluno degli arbitri imputati, come De Santis, altrettanto amichevole con dirigenti sportivi curanti interessi diversi da quelli di Moggi, ad esempio Meani (ex dirigente del Milan addetto al settore arbitri, ndr), ben potendo configurarsi l’esistenza dell’associazione”.
Un altro elemento significativo, ad avviso del Tribunale, e’ rappresentato dal tempestoso dopopartita di Reggina-Juventus con i momenti di tensione tra Moggi e l’arbitro Paparesta.
”Pur se e’ risultato non vero quello che lo spavaldo Moggi andava diochiarando in giro, e per telefono, cioe’ di avre chiuso l’arbitro Paparesta nello spogliatoio…nondimeno va valutata la reazione di Paparesta a quella che era pur sempre stata una protesta fuori misura di Moggi per gli errori dell’arbitro, di non inserimento cioe’ del comportamento furioso nel referto arbitrale, reazione che va interpretata come un effetto del timore reverenziale nei confronti della persona”.
Il tribunale parla inoltre del ”rapporto disinibito c on i rappresentanti della Figc” e cita a tal proposito una telefonata con l’ex presidente Franco Carraro da cui emerge ”l’alto livello dell’invadenza nelle soluzioni tecniche”, in riferimento alla Nazionale e sulle scelte dell’allora ct Marcello Lippi.