Calciopoli: parla la moglie di Bertini: “Arbitri succubi dei club, ecco il sistema”

Paolo Bertini

Calciopoli, intercettazioni, scudetti assegnati a tavolino e retrocessioni. Dirigenti radiati e arbitri messi alla berlina. Questa è la storia di Paolo Bertini, direttore di gara dismesso nell’estate del 2008. Non può rilasciare dichiarazioni, Bertini, perché imputato per associazione a delinquere e frode sportiva per diversi incontri di serie A.

Lo fa la moglie Daniela Mariani, che attraverso le colonne del quotidiano ‘La Stampa’, racconta emozioni, stati d’animo e frustrazioni di una famiglia travolta dallo scandalo Calciopoli. Ma anche e soprattutto come funzionava il ‘sistema’.

«Siamo sorpresi dello stupore con cui vengono accolte le intercettazioni, sono situazioni ovvie nel momento in cui viene partorita l’idea del doppio designatore. Gli addetti ai lavori avevano già capito quel che sarebbe successo. Sono ignorante in materia, ma se nominano due designatori come referenti di altrettanti gruppi di società, il designatore in questione come fa a non rispondere nel momento in cui una società, del gruppo che lo ha sostenuto, gli telefona?».

La moglie di Bertini insiste: «La Lega, formata dalle società, ha voluto creare un vincolo più stretto con gli arbitri. Lo ha fatto con lo strumento economico, evidente anche a me, basta leggere. Gli arbitri sono la voce di costo della Lega che trasferisce i fondi alla Federazione. Ufficialmente i soldi arrivano dalla Federazione, ma di fatto il costo è delle società. Fu questa l’innovazione di Paolo Bergamo. Il suo piano prevedeva ritrovi a Coverciano, ritiri, preparatori atletici e tecnici. Un arbitro sempre più professionista che impone costi importanti e che le società accettano di pagare. Cose che peraltro lo stesso Bergamo ha già detto. Sono scritte sui giornali dell’epoca. Basta aver voglia di studiare».

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