Claudio Ranieri: “Brexit? Avrei votato contro. Al Leicester a vita”

Claudio Ranieri (foto Ansa)
Claudio Ranieri (foto Ansa)

LONDRA – “Voglio rimanere a Leicester finché non mi scoccio di fare l’allenatore, poi diventare il suo uomo di fiducia” dice, intervistato dal Corriere della Sera, il re di Leicester, sir Claudio Ranieri.

L’ha scritto il New York Times, l’hanno detto Gary Lineker e Fabio Capello: «La vittoria del Leicester è stata la più grande impresa nella storia degli sport di squadra».
«Questo non lo so, lo dirà il tempo…».

Lo dirà il tempo, ma intanto vorremmo un’anticipazione da Claudio Ranieri.
«Non so se è “la più grande”. Di sicuro è stata una delle imprese più belle».

Be’, i bookmakers inglesi, un anno fa, consideravano più probabile lo sbarco degli extraterrestri a Piccadilly Circus di una vittoria del Leicester in Premier League.
«Mai e poi mai l’avremmo immaginato. Il nostro obiettivo era salvarci».

La differenza principale tra calcio inglese e calcio italiano.
«Il calcio italiano è più tattico, bisogna stare attenti a mille particolari. Quello inglese sta cambiando, ma non è così tattico, le partite sono aperte. Anche perché il pubblico vuole questo: la squadra deve cercare la vittoria, non stare lì a guardare. Poi c’è l’approccio. L’avevo capito arrivando al Chelsea nel 2000, qui a Leicester ho trovato conferma. È tutto più semplice, meno drammatico. Se ti incontrano per strada ti fanno i complimenti se hai vinto, e se hai perso ti dicono: forza, andrà meglio la prossima volta. Finita qui. Un sogno».

Interessante, questo pianeta. Forse gli extraterrestri sono sbarcati davvero.
«C’è più rispetto per gli altri, in Inghilterra. Il calcio, semplicemente, riflette questo».

A Roma, Milano, Torino, Napoli e Genova frange delle tifoserie hanno rapporti con la criminalità organizzata. Perché gli stadi italiani non sono luoghi di festa? Dobbiamo rassegnarci?
«Non è questione di calcio: è questione di far rispettare le regole. Perché vengono a rubare in Italia? Perché sanno che li mettono dentro e dopo due giorni stanno fuori. Il calcio è lo specchio della nostra società. La racchiude benissimo».

Resterà qui in Inghilterra?
«L’ho detto al presidente: “Voglio rimanere a Leicester finché non mi scoccio di fare l’allenatore, poi diventare il suo uomo di fiducia”. Anche se nel calcio può succedere tutto. Magari mi esonera la settimana prossima. Non credo».

Non è interessato a tornare ad allenare un grande club inglese?
«Questo è il mio grande club inglese. La mia carriera l’ho fatta. Adesso voglio restare qua. Voglio vedere cosa si riesce a costruire a Leicester».

Con l’inglese come va?
«Bene. Anche se due o tre domande, in ogni conferenza-stampa, mica le capisco. Non è un problema: tanto so cosa vogliono sentirsi dire».

Certo che passare dal «Militare» di Catanzaro a Wembley: tanta strada.
«Ma Catanzaro era il Maracanà! Io ho allenato a Pozzuoli, e dietro la panchina mezzi camorristi mi gridavano per tutta la partita Ommemmerda! Vattinne!, perché volevano un altro allenatore. Ho lavorato per società che non pagavano i conti e gli alberghi ci volevano sequestrare le valigie. Oggi mi vengono a dire: “Ranieri, lei sente la pressione?” Pressione? Ma che ne sapete voi della pressione!»

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Un allenatore che prova il calcio inglese riesce a riadattarsi all’Italia? Mi sembra che Zola, Vialli e Mancini abbiano incontrato difficoltà. Ora vedremo Guidolin e Conte.
«Dipende dai caratteri. Certo che in Inghilterra ti senti viziato. Ti esonerano anche qui, ma non ti mangi il fegato alla prima sconfitta».

Un piazzamento per cui firmerebbe: in Premier e in Champions. Vietato dire «Non mettiamolo limiti alla provvidenza!», grazie.
«Mettiamola così: io sono curioso. Curioso come tutti quelli che ci hanno seguito in Inghilterra, in Europa, nel mondo: “Cosa farà adesso il Leicester? È stato un lampo, oppure riuscirà a mantenere, non dico la leadership, ma insomma…».

Referendum sull’Unione Europea, 23 giugno. Avesse potuto votare, cosa avrebbe votato: restare o uscire?
«Avrei votato per restare. Anche se, diciamolo, gli inglesi in Europa ci stavano come piaceva a loro… Credo sia stata sbagliata la campagna elettorale, mi è sembrata una rincorsa a cose un po’ retrò. Per i ragazzi è diverso, si sentono europei. Però sono convinto di una cosa: questo è un popolo che, quando prende una decisione, poi si unisce e spinge nella stessa direzione. Sono convinto che ne verranno fuori bene. Se non fosse così, il danno sarebbe grosso».

Brexit potrebbe avere conseguenze sul calcio?
«Eh be’, se in Premier non potessimo più prendere stranieri… Che comunque costeranno di più, con la sterlina debole. Bisogna vedere quali limitazioni metteranno. Ma ripeto: gli inglesi sono uniti, troveranno una soluzione per non lasciare scappare lavoratori e aziende internazionali arrivate in Inghilterra per avere un piede in Europa».

Non c’è stata un po’ di retorica sulla vittoria del Leicester? Fantastica, commovente: d’accordo. Ma qualcuno non ha esagerato con l’adulazione?
(ride di gusto) «Compensa quello che mi hanno detto prima!».

Lei si è definito «uno bravo a ricostruire in condizioni difficili». L’ha fatto a Cagliari, a Roma, alla Juve…
«E all’Inter. Lei è interista, lo ricorderà. La mia rovina è aver fatto sette/otto vittorie di fila, poi stop. Se avessi fatto una vittoria, un pareggio, una sconfitta… Confesso: ho pensato davvero di essere l’allenatore adatto a Moratti. Ci capivamo».

Un allenatore esperto impara a metabolizzare le cattiverie?
«Io ci soffro ancora. Soprattutto quando non sono critiche al mio lavoro, ma attacchi sleali. Vediamo cosa succede adesso. Noi non siamo il Chelsea o lo United, che sanno tenere palla. Dobbiamo andare sempre a mille all’ora. Ma all’inizio della stagione non si può. Eppure vedrà, diranno: “Eh, questo non è più il Leicester, è finita…».

Il più italiano tra i suoi giocatori?
«Vardy, direi. Per stile di gioco e per carattere».

Mahrez è impressionante. Dove può arrivare?
«Lontano. Ma deve migliorare la fase difensiva. Glielo dico sempre».

Un giocatore italiano che vorrebbe al Leicester?
«Verratti».

Quanti tra voi allenatori capiscono d’essere personaggi di un grande romanzo popolare? Alcuni si prendono maledettamente sul serio.
«Io so che entriamo in milioni di case. Vorrei portarci il bello che vedo. Vorrei portarci la passione che sento per il mio lavoro e per questo gioco».

Anni fa, quando lei ha litigato con Mourinho, ho scritto: «Inutile stare a discutere chi è meglio tra i due. È più bravo Russell Crowe o Hugh Grant? Sono professionisti che interpretano ruoli diversi».
(ride) «E io sarei Russell Crowe?».

Ma no! Lei è Hugh Grant, britannico e autoironico. Cosa c’entra Ranieri con Russell Crowe?
«Be’, ho fatto vedere Il Gladiatore ai giocatori. E Mourinho mi ha preso in giro».

Certo che è stato un anno incredibile per voi CR… Cristiano Ronaldo vince la Champions e gli Europei. Claudio Ranieri conquista il titolo in Inghilterra con una squadra che doveva lottare per la salvezza. Il nostro premier Renzi si farà chiamare Corrado, se si convince che così porta a casa il referendum…
«Ah ah! Questa non è male!».

Claudio Ranieri scoppia a ridere. Ci salutiamo così, mentre l’elicottero col presidente parte verso Londra e i monaci vestiti d’arancione, sul campo verde, guardano in alto e salutano con la mano.

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