ROMA – Conte il vincente non sa perdere. E nemmeno pareggiare. E al terzo punto in tre partite la testa va per conto suo, seguita dal cuore, tanto è vero che nel concitatissimo post partita i medici dell’Inter hanno dovuto somministrargli una pasticca per un principio di tachicardia.
Meglio così, almeno ci ha risparmiato un’altra conferenza stampa di piagnistei e recriminazioni, la direzione di gara naturalmente, la panchina corta, il mercato asfittico… La sua squadra non sa più vincere, in compenso lo segue come un sol uomo nella caccia finale all’arbitro, reo di aver espulso il centravanti Lautaro che lo aveva prima sfidato testa a testa a brutto muso e poi mandato a quel paese o gli aveva insultato la madre, fate voi.
Per l’allenatore evidentemente gli insulti all’arbitro fanno parte del bagaglio tecnico dei suoi giocatori. Finché non gli mettono le mani addosso vale tutto. Che ingiustizia essere cacciati per una diversa concezione del galateo!
Alla fine proprio il Toro dimostra invece che errare è umano ma scusarsi non è da perdenti. “Triste per la situazione di oggi. Andare avanti e imparare. Mi scuso con tutta l’Inter”, ha postato su Instagram il centravanti argentino, che almeno il suo, cioè un gol, lo aveva fatto. Lo aspettano una squalifica (giallo più rosso diretto) che gli farà perdere il derby col Milan e una multa salata dalla società.
Squalifica che rischia di essere estesa a più di un tesserato nerazzurro. Si attende il referto dell’arbitro. Che necessariamente dovrà tener conto dell’assalto finale alla sua persona.
Al fischio finale tutta la panchina nerazzurra si è riversata in campo per protestare contro Manganiello: tra i più facinorosi Berni, D’Ambrosio e Ranocchia, mentre Conte, che guidava l’assalto da condottiero furente veniva trattenuto a fatica dal team manager Oriali (altra tempra, altra classe).
Vale la pena ricordare che nessuno di questi può legittimamente invocare la giustificazione della trance agonistica? Si vocifera perfino di uno sputo da parte di Ranocchia.
Nervosismo e suscettibilità rischiano di trasformare un bravo allenatore nella sua parodia. Tarantolato a bordo campo ieri lo è stato per tutto il match, era tutto un protestare e sbracciarsi per ogni decisione arbitrale. E se la furia fosse la maschera della paura? Intanto Naingolan infieriva, la Lazio stava per mettere la freccia del sorpasso, la Juve si preparava a perdere senza pagare dazio. (fonte Tim Serie A)