
Bruno Pizzul (Foto Ansa)
È morto Bruno Pizzul. Aveva 86 anni. Il giornalista è morto all’ospedale di Gorizia. Telecronista sportivo, negli anni aveva seguito le imprese della Nazionale italiana. Fino al 2002.
Il giornalista era nato a Cormons l’8 marzo del 1938, piccolo centro del Collio goriziano; era ricoverato da un paio di settimane nell’ospedale di Gorizia. Nonostante l’età continuava a gestire una rubrica di calcio sul quotidiano friulano Messaggero Veneto e con varie altre testate anche televisive e radiofoniche. Calciatore da giovane in varie squadre, laureato in Griurisprudenza, era poi entrato in Rai nel 1969 e aveva lasciato il Friuli dove era tornato a vivere, sempre a Cormons. Era esperto non soltanto di calcio ma anche di altri sport.
“Speravo e sognavo – raccontò al Corriere della Sera – Poi capii che la mia passione era inversamente proporzionale al talento. Ero riuscito a laurearmi, insegnavo alla medie di Gorizia. La Rai di Trieste organizzò un concorso per programmista. Non si presentò nessuno e mi invitarono a partecipare in quanto giovane laureato. Uno dei membri della commissione era Paolo Valenti: mi aveva visto giocare, mi aveva notato. Per l’altezza, non certo per la bravura. Fu lui a dirottarmi sul concorso per radio-telecronisti. Con me c’erano Bruno Vespa, Paolo Frajese. Beh, venni assunto, con mia somma sorpresa. Cominciò così una carriera inaspettata. Le modalità: irripetibili. Quando un giovane mi chiede come fare a diventare telecronista non so che dire. I giovani fanno fatica e sono troppo spesso sfruttati in maniera invereconda”.
Pizzul è stato sposato per molti anni con Maria. Dalla loro unione sono nati tre figli: Fabio, docente al Master di Giornalismo presso l’Università Cattolica di Milano, giornalista ed ex consigliere regionale della Lombardia, Silvia, insegnante di matematica e scienze a Milano, e Anna, assistente sociale.
“I ricordi più belli? Ogni volta che è venuto al mondo uno dei mei figli ho provato una felicità profonda – spiegò sempre al Corriere -. Ricordo l’emozione quando lessi il telegramma della Rai che annunciava la mia assunzione e il Mondiale messicano del 1970, convocato per la prima volta come telecronista. Commentai Inghilterra-Germania, la rivincita della finale di quattro anni prima. Ogni frammento di quella partita resta scolpito nella mia memoria. Comunque, devo dirle una cosa. Quando sento che qualcuno si interessa a me alle mie esperienze, resto sempre un po’ perplesso. Il motivo è semplice: mi compiaccio di non essere mai riuscito a prendermi troppo sul serio”.