Euro 2012. Un nero a Auschwitz: no al razzismo, il mondo guarda a Balotelli

Mario Balotelli a Auschwitz

ROMA – E’ a Mario Balotelli che deve guardare il mondo del calcio per capire se la piaga del razzismo infetterà il campionato europeo per nazioni che inizia oggi. Supermario, di solito in copertina per vicende extracalcistiche tra gossip e intemperanze assortite, si è guadagnato la prima pagina del New York Times, in un articolo dedicato al debutto della manifestazione e ai rischi connessi con i temuti atteggiamenti discriminatori. “Un cartellino rosso al razzismo a Euro 2012”, fa il punto sulla questione partendo dalle potenti immagini e foto scattate ad Auschwitz in occasione della visita degli azzurri ai campi di concentramento. L’immagine di Mario, provato, commosso, mani in tasca e auricolari all’orecchio, un atleta nero vestito con i colori della nazionale italiana, ha fatto il giro del mondo.

Insieme alle sue dichiarazioni bellicose: se sento fischi e buu razzisti passo da centrocampo e lascio il campo. E’ comprensibile che un ragazzo di 21 anni possa coltivare propositi del genere, anche se il NyT ricorda un precedente impegnativo e forse un po’ troppo ingombrante, quel dignitoso silenzio opposto dal ventiduenne Jesse Owens di fronte a Hitler in persona durante le olimpiadi di Berlino ’36. Balotelli, nato in Ghana ma cresciuto in Italia, non è dello stesso avviso. Il suo allenatore Prandelli ha già dichiarato che, dovesse verificarsi manifestazioni di razzismo, dalla panchina  si alzeranno i compagni per abbracciarlo e incitarlo a continuare.

Chi comanda, chi deve prendere le decisioni ufficiali sul problema è Michel Platini. L’ex fuoriclasse francese, alla guida dell’Uefa, non ammetterà ammutinamenti, ma prende in carico la responsabilità i gestire la cosa. Se Balotelli esce si becca un cartellino, interrompere la partita è una scelta che spetta solo all’arbitro. Ma se questi si rende conto di ciò che avviene sugli spalti, se offese e insulti razzisti arrivano alle sue orecchie sospenderà la partita. I rischi che questo avvenga ci sono. Platini ha lanciato messaggi di speranza e ottimismo, ha invitato squadre, giocatori e dirigenti a inseguire un sogno, “europhoria” è diventato uno slogan. Ma non può dimenticare che, nonostante il grosso impegno per realizzare gli impianti e l’organizzazione dell’evento cui lavorano dal 2007, Polonia e Ucraina qualche perplessità resta.

Quando gli hanno chiesto cosa pensasse di un documetario dalla Bbc sul razzismo in quei paesi, Platini ha dovuto ammettere di non averlo visto anche se ha ridimensionato il problema, che non è un’esclusiva polacco-ucraina. Non ha visto, cioè, le immagini del pestaggio di razzisti bianchi nei confronti di studenti asiatici inermi in uno stadio di Kharkiv, Ucraina. Non ha visto le immagini dei cori antisemiti che dilagano negli stadi polacchi. In soccorso di Platini, il Nyt cita le dichiarazioni fatte alla Reuters da un insegnate nigeriano, John Godson, che da venti anni insegna a studenti universitari in Polonia: “Non si può dire che la gente è razzista. Va considerato l’isolamento di paesi sottoposti ai regimi prima nazisti e poi comunisti. Semplicemente questa gente non è stata esposta ad altre culture”.

Meno indulgente l’organizzazione F.A.R.E., football against racism: il fatto è che mai come in questa competizione i rischi del razzismo sono stati così elevati. Inutile girarci intorno, il problema c’è. Il loro monitoraggio si estende, oltre che alle manifestazioni plateali di razzismo, a quello che avviene sugli spalti. Slogan fascisti, insegne naziste, cori razzisti e tutto il campionario esibito nelle curve più turbolente: niente di questo giunge all’arbitro, nulla di ciò può finire nei sui referti. Sul pestaggio avvenuto a Kharkiv, F.A.R.E. ha qualcosa da dire: perché gli steward presenti in tribuna non hanno mosso u dito per difendere gli studenti asiatici? Perché non c’erano poliziotti, (in Italia diremmo la Celere)?

Speranze e paure, dunque, per questo inizio di Europeo. Che sia uno spettacolo emozionante, ovvio; che il milione di turisti previsti possano dire a tutto il mondo che visitare Polonia e Ucraina è un’esperienza da consigliare a tutti. Per le preoccupazioni affidiamoci, non solo noi italiani, al nostro giovane di maggior talento: gioca Mario, dai un calcio a tutte le paure.

P.S. E’ della Gazzetta dello Sport di oggi la notizia di un sito (come qualificarlo?) che a partire dall’informazione delle origine ebraiche della madre adottiva di Balotelli ha postato insulti vergognosi del tipo “non bastava che fosse negro, è anche ebreo”.

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