Ondata moralista sui giornali francesi che criticano gli 826 mila euro dati al c.t. della Nazionale Raymond Domenech come premio per la qualificazione ai Mondiali del Sudafrica del 2010.
In testa, nella condanna giacobina del compenso, il ministro dell’economia, Christine Lagarde, quotidianamente alle prese con la crisi economica e impegnata con l’accordo del presidente Sarkozy nella battaglia per limare stock options e liquidazioni dorate di manager e banchieri. La Lagarde, peraltro, era stata fra i primi leader politici a proporre di rigiocare la partita con l’Irlanda, confermando la mutazione del carattere nazionale, almeno in campo sportivo: dall’orgoglio da grandeur all’umiltà dopo una vittoria imbarazzante arrivata grazie ad un fallo di mano di Thierry Henry.
A ben vedere, il compenso di Domenech sembra eccessivo in cifra assoluta: nemmeno Lippi ha guadagnato tanto dopo il trionfo di Berlino, ma lo è meno nel dettaglio, secondo quanto comunicato dalla stessa federazione francese essendo spalmato su 3 anni di incontri e comprendendo anche 300 mila euro di diritti d’immagine.
Al c.t. dei Bleus non viene perdonato più nulla: giudicato tra i più antipatici personaggi legati al mondo del calcio (superato in questa classifica solo da Materazzi), Raymond Domenech è continuamente criticato quando perde e risulta insopportabile quando vince, per il modo in cui vince. È l’«uomo senza qualità » della Francia calcistica, per di più avvantaggiato da una fortuna immeritata.
Quando un giornale tirò fuori la notizia del compenso all’indomani della partita con l’Irlanda, Domenech l’antipatico si agitò in sdegnate smentite: «Cifra folle, assurda, lontana dalla realtà », disse ai quattro venti, spalleggiato da uno dei suoi ultimi protettori, il vice presidente della federazione, Noël Le Graët.