RIO DE JANEIRO – Hanno iniziato schiantando il Portogallo di Cristiano Ronaldo, hanno finito alzando la Coppa del Mondo davanti a un mestissimo Leo Messi. La Germania, campione del Mondo 2014, prima nazionale europea a vincere in Sudamerica, non ha avuto sconti. Ha vinto da più forte dopo aver battuto, una dopo l’altra, molte delle squadre candidate al titolo.
Lo ha fatto, e non è mai tanto vero come questa volta, da squadra. Perché la Germania, a differenza dell’Argentina di Messi, del Brasile di Neymar o dell’Italia (sic!) di Balotelli è prima di tutto un collettivo. Uno straordinario collettivo. Cancelliamo un equivoco: che sia vittoria di squadra non vuol dire in alcun modo che i singoli non siano eccellenti, anzi. Neuer, nel mondiale dei tanti portieri fenomeni per una notte, ha mostrato qualcosa di più degli altri. Non avrà preso i rigori di Krul o Romero, non avrà avuto la notte della vita come lo statunitense Howard contro il Belgio o il messicano Ochoa contro il Brasile, ma in sette partite non ha sbagliato mai un intervento. E poi imposta come un libero, non un dettaglio. Hummels, non sembri blasfemo, come centrale vale almeno Cannavaro del 2006. Thomas Muller, sarà il cognome, a conti fatti ha inciso più di Leo Messi. Schwainsteiger, uno di cui quando era giovane si diceva che non avesse la testa, non lo si fermava neppure con un sicario. Klose, 16 gol ai Mondiali, non serve dire altro.
L’elenco potrebbe continuare con il capitano Lahm, con gli eroi per caso della finale, Schurrle e Goetze. Con il demiurgo Loew, o con quasi tutti e 23 i protagonisti. Perché la differenza della Germania è stata questa: l’eccellenza come valore medio e non come punta di diamante. Fatale, poi, che se in finale ti manca uno dei tuoi giocatori più forti, Khedira, non se ne accorga quasi nessuno.
Basta vedere il cammino dei tedeschi per capirlo. Pronti via e la Germania si presenta facendone 4 al Portogallo. Obiezione facile: il Portogallo era solo Cristiano Ronaldo, neppure in forma. Forse. Sta di fatto che le altre due partite i portoghesi non le hanno perse. Hanno pareggiato con gli Usa e vinto con il Ghana e sono tornati a casa proprio per i quattro schiaffoni tedeschi del debutto.
Poi la Germania ha pareggiato 2-2 col Ghana . C’era la partita con gli Usa, bastava un pari per essere primi. Sulla panchina degli Usa c’era Jurgen Klinsmann, tedesco e iniziatore del progetto che ieri notte è arrivato a compimento. Con uno 0-0 si passa tutti e due: a queste latitudini pensi a un inoffensivo biscotto. E invece la Germania vince anche quella. Di misura e con le riserve. Ma vince. Questione di mentalità. Il mondiale vero, però, inizia con le partite che se perdi vai a casa. E agli ottavi per poco la macchina tedesca non si inceppa. C’è da battere l’Algeria, che non sembra irresistibile. E invece servono i supplementari per andare avanti.
Ma anche questo significa qualcosa: due volte la Germania arriva oltre il novantesimo (Algeria e Argentina) e due volte vince la partita ai supplementari, ovvero quando le squadre normali iniziano a pensare a chi tirerà i rigori. Due su due delinea una tendenza, significa testa e gambe più degli altri.
Ai quarti Loew & co compiono probabilmente il loro capolavoro. C’è la Francia. Che forse non è la squadra più forte del lotto ma è la squadra che insieme alla Germania fino a quel momento ha impressionato di più. Una delle due ad averle vinte tutte fino a quel punto (l’altra è la Colombia). La Francia è in trance di fiducia: è giovane, forte, gioca bene. Segna e prende gol (contro la Svizzera) solo a partita abbondantemente vinta. Finisce 1-0 per la Germania. Ma è il controllo della partita dopo il gol a fare impressione.
Del 7-1 al Brasile in semifinale si è scritto di tutto e di più. Inutile aggiungere altro sulla partita che più della stessa finale verrà ricordata di questo Mondiale. E poi l’ultimo atto. Germania collettivo contro Argentina di Messi. Finisce come è normale che sia. Se sei “squadra” hai più risorse, più soluzioni. E se sei grande squadra ti succede anche che il sostituto del sostituto, entrato per caso, inventi un’azione sulla fascia e che un altro sostituto faccia un gol da grande centravanti. Il gol che ti cambia per sempre la vita, quello alla finale del mondiale, quello che ti fa alzare la Coppa.
Così per la prima volta vince un’europea in Sudamerica. Nel Paese del calcio vince la Germania: nel paese del calcio “fantasia” (di certo non in questo Mondiale) vincono solidità, organizzazione e progetto. Nel Paese in cui Dilma Rousseff sognava un bagno di folla con la coppa in mano per vincere le prossime politiche, la coppa la alza Angela Merkel. Vince sempre lei, vince il modello tedesco. Quelli che anche se li radi al suolo due volte in trent’anni dopo qualche decennio sono di nuovo là a trainare il gruppo come se nulla fosse successo.
VIDEO.
Foto premiazione.
Foto LaPresse.
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