Giro delle Fiandre, fenomeno Pogacar, vince in solitaria, stroncando la concorrenza con rasoiate impietose sui muri proibiti, sul pavé tremendo.
A 40 km dal traguardo apre il gas, annulla la fuga di giornata e va a tagliare il traguardo nei delirio del popolo fiammingo. Ha onorato la loro festa con una impresa d’altri tempi. E ha conquistato la sua quarta Monumento della carriera. Un marziano così obbliga a fare paragoni con le leggende del ciclismo.
Il Giro delle Fiandre è la seconda delle cinque corse Monumento dell’anno. Dopo la Sanremo e prima della Roubaix (9 aprile), Liegi (23 aprile) e del Lombardia (7 ottobre). Gara iconica, seguita da oltre un milione di tifosi (in presenza). L’attribuzione di “Corsa Monumenti” è appropriata.
Il Giro delle Fiandre è una leggenda costruita in oltre cento anni di gare. Per questo non viene chiamata semplicemente “Classica” ma, appunto, Monumento. Perché è un pilastro del ciclismo; perché supera la barriera dei 200 km; perché è una fusione di storia, cultura, ambiente. Di più ancora: è una festa popolare.
Da Bruges ad Oudenaarde. Dalle Fiandre occidentali alle orientali. Una galoppata di 273 km, 19 muri, micidiali tratti di pave’. Al via 175 corridori , solo 7 gli italiani (minimo storico). Sono: Affini, Trentin, Ballerini, Pasqualon, Fedeli, Parisini e Puppio. Partenza alle 10.19 e solite scaramucce iniziali. Domina un forte vento.
Tre ore di corsa e media folle: 47,6 km/h. Otto i battistrada, il gruppo ha un ritardo di 5’. Sagan abbandona. In evidenza Trentin con una serie di attacchi. A 80 km dal traguardo la situazione vede 8 fuggitivi, 11 contrattaccanti e il gruppo a due minuti. A 55 km dall’arrivo la Uae fa selezione e Pogacar attacca. Lo inseguono in cinque tra cui Van Aert, Van der Poel, Laporte, Pidcock.
La rasoiata di Pogacar sull’Oude Kwaremont, 2.200 metri con punte dell’11,6%, accende la corsa. Segue il mitico Paterberg, 360 metri con punte del 20,3%. Restano ancora 6 muri e 45 km. Braccano i fuggitivi i tre tenori: Pogacar, Van Aert e Van der Poel. Cambi regolari.
Con loro c’è Cosneefroy che ha perso le ruote dei battistrada. In testa rimangono in nove tra cui Trentin e Pedersen ( che cerca di andarsene e prende il comando). Van Aert perde le ruote dei due compagni di attacco. Ultimi 20 km, Pedersen è sempre in fuga solitaria e pedala bene, con convinzione. Ai -16 km nuova rasoiata di Pogacar, in un km raggiunge Pedersen. Folla in delirio. E lo sloveno se ne va. Puro spettacolo. Lo bracca Van der Poel.
Duello entusiasmante. Ermozione e commozione. Ultimo muro, di nuovo il Paterberg. Tremendo il picco al 23%. Pogacar lo supera con un margine di 14”. Ultimi 8 km, Pogacar aumenta il vantaggio portandolo a 25”. Van der Poel accusa la fatica, sente di non farcela, ma non perde terreno.
Ai -1 km Pogacar ha sempre 25” di vantaggio. È fatta. Taglia il traguardo a braccia alzate, esultante. Condivide con il pubblico la sua felicità. Dopo 16” arriva Van der Poel. Pedersen acciuffa in volata il terzo posto soffiando il podio, di mezza ruota, a Van Aert.
Primo Pogacar in 6h12’14”. Secondo Van Aert (+16”), terzo Pedersen (+1’15),quarto Van Aert. A seguire: Powless, Kueng, Asgreen, Wrigt, Jorgenson. Decimo Trentin a 2’49”.
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