Gran finale oggi a Madrid della Vuelta di Spagna, la terza più importante corsa a tappe della stagione (dopo Tour e Giro). Ed è una “fiesta” col brivido.
Un virus o una intossicazione alimentare ha decimato la squadra di Roglic. Ma lo sloveno c’è e stasera sarà incoronato vincitore per la quarta volta. Prima però c’è l’ultima fatica: una cronometro di 24,6 km, un percorso piatto, poco più di una formalità. Roglic partira’ alle 19.04 con un margine di 2’02” sull’australiano O’Connor (secondo in classifica generale) e 2’11” sullo spagnolo Enric Mas (terzo).
La vittoria nella Vuelta e’ blindata. E stasera in Plaza de Cibeles – l’abituale palcoscenico delle feste del Real Madrid – Primoz Roglic, 34 anni, capitano della corazzata Red Bull Bora-Hansgrohe, oro a Tokyo 2020, scalarore-cronoman talentuoso, sarà acclamato “Re della Vuelta”. Titolo meritato e conquistato con forza, sapienza tattica, coraggio.
Questa 79esima Vuelta sarà ricordata come una delle edizioni più belle e combattute. Con numeri significativi: 21 tappe, 3.304,3 km, ben 57.496 metri di dislivello, 9 arrivi in salita (vetta più alta: Cuitro Negru, 1.847 metri). Due soli giorni di riposo e due crono. Al via 22 squadre e 176 corridori di 12 Paesi diversi.
Una galoppata partita da Lisbona (17 agosto) e conclusa con la seconda crono a Madrid (domenica 8 settembre). Al via grandi nomi, in testa i tre recenti vincitori. Cioè: Kuss (2023), Roglic (2019, 2020,2021) e Quintana (2016). Con loro campioni come Adam Yates, O’Connor (maglia rosa per molte tappe), il re dello sprint Groves, Gaudu leader della Groupama, lo scalatore puro Carapaz (oro a Tokyo e vincitore del Giro d’Italia 2019),
ll guerriero spagnolo Enric Mas che ai Lagos de Covadonga ha fatto tremare Sua Maestà Roglic. Citazione a parte merita l’asso fiammingo Van Aert, vittima di una brutta caduta nella 16esima tappa (profonda ferita al ginocchio) quando era leader addirittura di due classifiche: a punti e scalatori. Stagione finita. Lo rivedremo nel 2025. Alla Vuelta aveva vinto tre tappe.
La spedizione azzurra (16 corridori distribuiti in 10 squadre) ha alternato cose egregie a momenti di assoluto anonimato. Fari puntati su Tiberi (quinto al Giro d’Italia) ma Antonio ha dovuto sacrificarsi per la sua Bahrain Victorius. Sufficienti le prove di Fortunato, Cattaneo, Zana, Frigo. Affini ha sfiorato l’impresa nella crono di Lisbona (vittoria sfumata per 8 secondi). In chiaro scuro le prestazioni di Garofoli, Germani, Baroncini, Aleotti, Vergalitto, Petilli, Rota.
Sotto il loro abituale standard Ciccone, Caruso, De Marchi. Sfortunato in modo particolare Ciccone, travolto da un capriolo (ritirato durante la decima tappa). Fortunato ha chiuso nella Top 15.
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