Ibra-Guardiola: round allo spagnolo, nessuna pace pubblica

MILANO, 23 NOV – L'unica mano che Zlatan Ibrahimovic porge davanti alle telecamere e' a Carles Puyol dopo una scivolata senza complimenti. Fare pace con Pep Guardiola non era in cima ai suoi pensieri, e nemmeno a quelli dello spagnolo.

Lo svedese voleva solo fare male al Barcellona in campo, e ci e' riuscito ma non abbastanza. Guardiola voleva tenere un'altra lezione di calcio e i suoi pupilli lo hanno accontentato. Cosi' e' lui il vincitore della sfida a distanza, caricata di significati dall'autobiografia del suo ex attaccante.

Al netto delle tensioni, degli insulti e delle minacce raccontate nel libro, l'incompatibilita' dello svedese con Guardiola e in senso lato con il Barcellona ha trovato conferma nella sfida del Meazza.

Lo svedese e' la punta di diamante del Milan e lo rimette in carreggiata dopo il primo vantaggio di Xavi, ma passa gran parte del suo tempo isolato in attesa che una ripartenza della squadra lo inneschi. Guardiola mette sulle sue tracce Mascherano che lo tampina massimo a due metri di distanza e, per chiarire cosa vuol dire attacco a Barcellona, usa come centravanti Fabregas, che certo non e' un colosso e svaria da una parte all'altra.

Soprabito scuro, una mano in tasca e un'altra alta a richiamare ora Busquets ora Xavi, l'allenatore spagnolo(seguito in tribuna dall'amico Matteo Renzi, sindaco di Firenze) al massimo stringe i pugni soddisfatto dopo il raddoppio di Messi, per il resto dirige calmo calmo la sua orchestra, senza scomporsi se i suoi giocano come nei videogame o subiscono gol come una squadra qualsiasi.

Ibrahimovic offre invece una collezione di smorfie, si inginocchia disperato per un erroraccio di Robinho, poi alla prima occasione batte Valdes con un sinistro affilato, non forte ma velenoso: arriva a quota 7 gol in Champions League con la maglia del Milan, contro i 4 della sua parentesi blaugrana. Un passo avanti per un fuoriclasse in cerca della consacrazione europea, una prova che in rossonero si sente meglio che a Barcellona. D'altronde, come dice Adriano Galliani, ''se si scrive un libro, e' giusto scrivere la verita'''.

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