DANZICA, POLONIA – Una siesta tonificante, l’ultimo allenamento, poi la notte prima degli esami.
Nonostante gli avversari dell’esordio europeo siano pieni di coppe e di campioni, come la canzone di Venditti, Cesare Prandelli ha vissuto la sua vigilia piu’ importante nella maniera piu’ semplice: ”Come un bambino felice perche’ ha fatto i compiti”, ha spiegato.
Eppure la sfida con i campioni del mondo spagnoli e’ non solo snodo fondamentale per la sua carriera da gregario di lungo corso nel mondo del grande calcio (vinceva tanto, ma da riserva, nella Juve: quando poi in panchina e’ passato davvero, ad allenare, tanti complimenti e soddisfazioni morali ma nessun successo al massimo livello).
E’ anche e soprattutto l’occasione per il pallone italiano di regalare finalmente un rimbalzo pulito e non pazzo come quelli degli ultimi tempi. Al netto del calcioscommesse, delle magagne finanziarie e della guerra tra Lega e Figc, e’ la stessa nazionale ad avere, sebbene non esclusivamente per sue colpe, dissipato negli ultimi tempi la credibilita’ costruita con un eccellente girone di qualificazione: tre sconfitte consecutive in amichevole, nessun gol realizzato, tanti dubbi riproposti.
L’opportunita’ e’ ghiotta sebbene l’ostacolo da superare sia altissimo, il meglio che c’e’, a livello di filosofia e qualita’ di gioco: quella Spagna che scambia il pallone a memoria, e in campo sorride pure. ”Ma ci arriveremo anche noi, a giocare col sorriso sulle labbra. E’ una questione di cultura e di risultati”.
L’infortunio di Barzagli e’ solo l’ultimo di tanti inconvenienti: ”ma non voglio sentire parlare di problemi o addirittura drammi – ha puntualizzato Prandelli – quelli sono termini che possono permettersi di usare i terremotati, non noi”.
Fatto sta che affrontera’ il tique-toque iberico con un 3-5-2 (va da se’ che quando attaccano gli altri i due esterni scalano e il modulo diventa 5-3-2) con De Rossi al centro della difesa. ‘Beh, se cosi’ fosse – ha spiegato il ct – dove sarebbe il problema? Lo ha gia’ fatto, e bene, nella Roma.
E mi piace pensare che Daniele sarebbe cosi’ un centrocampista aggiunto”. Ne’ lo inquieta pensare che il suo collega Del Bosque potrebbe con una marcatura ‘mirata’ frenare le geometrie che partono dai piedi di Pirlo. ”Quasi quasi mi farebbe piacere: vorrebbe dire che il pallino comunque lo abbiamo noi”.
Ha raccontato con serenita’ le sue sensazioni, Prandelli. Con la consapevolezza di avere ”preparato la gara nella maniera migliore”. E se Buffon ha imitato Nereo Rocco (a chi gli diceva ‘vince il migliore’ il paron quando allenava il Padova rispondeva ‘speremo de no’) augurandosi che a imporsi non siano i piu’ forti, lui ha voluto sottolineare:
”Della gara vinta in amichevole con la Spagna un anno fa a Bari ci resta solo una cosa: la certezza che se interpretiamo bene il copione, siamo competitivi anche contro i campioni del mondo”. Poi qualche sassolino dalle scarpe se lo e’ pure tolto, perche’ essere educati va bene ma se si esagera si passa per fessi.
”Il pessimismo ci accompagna, questione di punti di vista. Sara’ uno stimolo per tutti noi a sovvertire certi pronostici”. Per poi andare da un veterano tra i giornalisti al seguito e sussurrargli ”tu che di solito sei allegro, fai un sorriso pure oggi: non abbiamo ancora perso”. Dopo avere reso omaggio a quella spagnola, ha spiegato la sua di filosofia:
”Mi aspetto una squadra che sia continua e attacchi anche con 4-5 giocatori. Nell’amichevole con la Russia, pur avendo perso nettamente lo abbiamo fatto e abbiamo avuto 7 palle gol nitide. Balotelli? A lui ma anche agli altri chiedo generosita’, per la squadra e per i tifosi”. Degli esterni, del ballottaggio tra Giaccherini e Balzaretti a sinistra, non ha voluto parlare.
”La formazione? Tutti si devono sentire titolari, faremo sempre tre cambi, voglio una squadra dinamica e aggressiva, molto dipende dalla mentalita’ e dalla maturita’ dei nostri giocatori”.
A proposito, gli hanno chiesto, come si e’ comportato Balotelli finora? ”Non bene, di piu’: e’ giovane ed esuberante, ma questo e’ conseguenza dei suoi 20 anni”. ”E se per razzismo lo fischiano?”, gli ha chiesto un cronista. ”Entro in campo e lo stringo a me. Ma l’abbraccio che auspico e’ un altro”. Non lo dice, ma si vede che ci crede.