Serie A. 36a. Risultati diretta.
JUVENTUS-ATALANTA 1-0, gol: Simone Padoin 72′
La Juventus festeggia nel migliore dei modi la vittoria del suo terzo scudetto consecutivo, il trentesimo secondo gli almanacchi ma il trentaduesimo secondo il presidente Agnelli e tutto il popolo bianconero. La squadra di Conte supera in casa l’Atalanta per 1-0 nel posticipo della 36/a giornata e continua a battere un record dopo l’altro. Sono ora 96 i punti in classifica, la quota 100 è sempre più vicina. Ma sono anche 31 le vittorie stagionali, nuovo primato assoluto in Serie A come i 18 successi casalinghi su altrettante partite. Festa nella festa anche per Conte che raggiunge le 100 vittorie sulla panchina bianconera. Decide la partita una rete di Simone Padoin, per la serie la classe operaia va in paradiso. Ma è soprattutto la sera della festa con i tifosi, con la squadra che al termine del match si concede un meritato bagno di folla per celebrare un traguardo storico raggiunto a coronamento di una cavalcata entusiasmante. Quello di oggi è solo un antipasto del trionfo che verrà celebrato compiutamente il 18 nell’ultima gara stagionale contro il Cagliari, quando ci sarà la tradizionale premiazione ed è previsto anche l’ormai inevitabile giro per la città a bordo di un bus scoperto.
Archiviato il terzo titolo consecutivo di Campioni d’Italia, Conte per la sfida contro l’Atalanta concede una passerella alle seconde linee. A riposo Buffon, Pirlo e la coppia gol Tevez-Llorente. Così in porta c’è Storari, in difesa Ogbonna a far coppia con Barzagli e Chiellini. A centrocampo unico titolare è Pogba, al suo fianco Marchisio e Padoin mentre sulle fasce agiscono Lichtsteiner e Peluso. In attacco la coppia Osvaldo-Giovinco. Nell’Atalanta, assente lo squalificato Cigarini, occhi puntati sul baby Baselli. In attacco la coppia è quella formata da Maxi Moralez e Denis. Pronti via e dopo 4′ primo affondo della Juve con Giovinco che sfiora il palo con un destro rasoterra dai venti metri. Da segnalare a partita appena iniziata due striscioni comparsi nella Curva Scirea e dedicati al Grande Torino.
“Onore ai caduti di Superga”, è quello più emblematico e dedicato alla formazione granata scomparsa tragicamente sulla collina che sovrasta Torino il 4 maggio del 1949. La partita è un semplice contorno, così i tifosi bianconeri si lasciano andare a una serie di cori che invitano Conte a restare alla Juve. Bianconeri ancora pericolosi con un tirocross di Giovinco smorzato forse con un braccio da Denis e poi con una girata al volo di Osvaldo alta di un metro. Ancora l’italoargentino pericoloso al 25′ con un colpo di testa su cross di Lichtsteiner deviato in angolo da Consigli. L’Atalanta non sta certo a guardare, tiene bene il campo e prova anche qualche incursione dalle parti di Storari soprattutto con Bonaventura, Baselli e Denis. Primo tempo che scivola via senza troppe emozioni.
In avvio di ripresa Conte fa entrare Quagliarella al posto di Giovinco. Il ritmo però non cambia, per quella che è di fatto una classica sfida di fine stagione. Mentre lo spettacolo è solo nella curva Scirea che continua a cantare e a inneggiare allo scudetto, bisogna attendere il 17′ per vedere Pogba provarci con un bolide dalla distanza di poco alto e subito dopo Osvaldo tentare la deviazione volante in area ma senza troppa fortuna. Conte però non ci sta a pareggiare neanche questa partita e così inserisce Carlos Tevez al posto proprio di Osvaldo. La gara si accende improvvisamente, nel giro di un paio di minuti Juve due volte pericolosa con Quagliarella e Pogba.
E’ incredibile come in pochi minuti l’ingresso di Tevez trasformi i bianconeri, al 71′ arriva infatti il gol del vantaggio con un destro rasoterra dal limite di Padoin su un velo proprio de l’Apache. Per l’ex atalantino è il primo centro stagionale, il giusto premio per una presenza oscura ma sempre preziosa. Nell’occasione l’Atalanta perde per infortunio Yepes, il difensore colombiano viene portato via in barella con una vistosa imbracatura al collo dopo uno scontro fortuito proprio con Padoin.
Nel finale Conte fa entrare anche Simone Pepe, assente di fatto da più di un anno e mezzo per una serie di malanni fisici, ma che si fregia ufficialmente dello scudetto giocando i primi minuti della sua stagione. Prima del triplice fischio finale Tevez da due passi fallisce una facile occasione per il 2-0, ma può essere perdonato vista la stagione disputata.
LAZIO-VERONA 3-3, gol: Keita 30′, Marquinho 37′, Lulic 60′, Iturbe 70′, Romulo 83′ e Stefano Mauri 93′
Emozioni e spettacolo, gol e pathos. Lazio e Verona, che pareggiano a suon di reti (3-3) e regalano una sfida d’altri tempi, sembra uno show, come pochi se ne vedono in serie A.
I padroni di casa rischiano di vincere senza troppa fatica, poi vedono molto da vicino lo spettro di una sconfitta, infine ringraziano la dea bendata che, con le sembianza di Mazzoleni, concede il rigore del 3-3 finale. Anche la trasformazione di Mauri è tutto un programma: il suo tiro viene respinto da Rafael, che regala un brivido gelido ai tifosi biancocelesti, prima che il fantasista ribadisca a rete.
L’Europa resta in bilico per entrambi, scavalcati ieri sera dal Milan di un solo punto, ma ancora più che mai in corsa. Delle due contendenti è il Verona a mangiarsi le mani per avere sciupato un’occasione ghiotta, dopo essersi trovato in vantaggio di gol fuori casa, a una manciata di minuti dalla fine. Quando c’era da nascondere il pallone, i veneti hanno regalato una chance nel recupero agli avversari e la Lazio è stata brava a trasformarla in un’opportunità concreta per il definitivo pareggio.
Bravo Klose, a ritagliarsi uno spazio in area, poco lucido Albertazzi a tirargli la maglia. L’episodio resta dubbio, ma è vero che il Verona avrebbe dovuto vanificarlo. La squadra di Mandorlini, dopo essere andata sotto alla mezz’ora (Keita finalizza un contropiede magistrale, avviato da Mauri e rifinito da Candreva), e incassato anche l’1-2, è riuscita addirittura a ribaltare la situazione.
E, se Toni fosse stato in serata (ha fallito in almeno tre circostanze facili palle-gol per un bomber del suo calibro), avrebbe potuto chiudere i conti ben prima del rigore decisivo. Il Verona ha anche colpito un palo con Albertazzi a Berisha battuto, ha fallito il 4-2 e il 5-2. Insomma, ha sprecato tanto, tantissimo, e alla fine è stato punito. Questa è l’unica regola incontrovertibile del calcio.
I gialloblù hanno sfondato grazie alla dabbenaggine della difesa laziale (emblematico lo scontro fra Biava e Biglia, che aprono la strada dell’1-1 a Marquinho), mentre la Lazio ha fatto più fatica a costruire occasioni da gol. Il divertimento è stato comunque garantito anche dagli errori da una parte e dell’altra, oltre che dalle prodezze dei singoli. Il 2-1 di Lulic aveva fatto illudere i laziali (anche qui errore macroscopico di Marques), poi Iturbe è salito in cattedra e ha siglato il 2-2 con un’azione delle sue.
L’argentino è un giocatore che farà la fortuna di qualsiasi squadra europea di alto lignaggio. Entra Romulo e imita il compagno, dando un’impronta personale alla partita e segnando da pochi passi, su dormita di Radu e bella rifinitura di Halfredsson, fra i migliori.
Il pepe sta nella coda e la Lazio riesce a evitare una sconfitta che l’avrebbe tagliata fuori dalla corsa per la qualificazione in Europa League. Adesso, invece, potrà giocarsi molto domenica contro l’Inter, ma a Milano. Il sogno del Verona, invece, continua.
Foto LaPresse.