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La Sensi e Lotito: il trucco degli stadi, i soldi verranno dal cemento

di Mino Fuccillo |16 Settembre 2009 17:00

A Roma sono tutti contenti e convinti, laziali, romanisti e soprattutto costruttori: viva i nuovi stadi di calcio. Non uno ma due e il terzo che già c’è, quello che si chiama Olimpico, lasciato finalmente come vuoto a perdere. Entro sei mesi ci saranno i progetti, entro quattro anni i due nuovi stadi, quello delle “Aquile” per i laziali, per i romanisti il nome non c’è ancora (i “Lupi”?). Perchè farli questi stadi? La raccontano così: con gli stadi di proprietà (l’Olimpico non lo è) Roma e Lazio ci fanno i soldi. E con i soldi che ci fanno diventano società ricche e squadre forti, come Juve, Inter e Milan. Con gli stadi si comprano i campioni. Con gli stadi arrivano soldi sicuri, infatti…

Infatti niente, perché come arrivano i soldi con gli stadi nessuno lo spiega se non con vaghe parole. Gli stadi diventeranno megastore, luoghi di consumo e di appuntamento, ristoranti e… Fosse così, perché non trasformare l’Olimpico in questo ben di dio? Perché non si può fare all’Olimpico quello che si può fare negli altri due stadi da costruire risparmiando le centinaia di milioni di euro che servono per costruirli? La risposta alla domanda non c’è, anzi non c’è nemmeno la domanda. Tutti, sindaco Alemanno compreso, si guardano bene dal porla. Perché la risposta è che il motivo, la ragione e i soldi dei due nuovi stadi sono altrove.

L’altrove, neanche tanto nascosto è nei progetti di Lotito, presidente della Lazio e Rosella Sensi, proprietaria della Roma. I soldi, quelli veri, dovranno arrivare da 300mila metri cubi di appartamenti, negozi e uffici da tirar su accanto allo stadio. Anzi è lo stadio che sta accanto alla nuova mini città da edificare. Questa città è la speranza della Sensi: farsi finanziare dalle banche i cento milioni che servono per lo stadio, offrire alle banche l’affare mastodontico di nuovi terreni da edificare, edificabili grazie al sì del Comune, intascare la valorizzazione delle aree e finalmente rientrare del debito, anzi della bancarotta in cui Italpetroli agonizza con 365 milioni di debiti non pagati e non pagabili. Tutto bello, piano perfetto, solo che lo stadio è un pretesto per colare, gratis, altro cemento su Roma e guadagnarci sul cemento innalzato. Il prezzo, il costo lo sostiene la collettività, la città sotto forma di nuova urbanizzazione. L’incasso è privato: va ai costruttori, alle banche, ai Sensi.

Analogo il progetto di Lotito: centinaia di migliaia di metri cubi ed edifici vari sono il vero obiettivo, la cassaforte di cui lo stadio è solo la chiave. Lotito deve 85 milioni al fisco ma ha ottenuto di “spalmarli” in 23 anni. Conta di ottenere l’edificabilità delle aree intorno alla Tiberina e di farci quindi sopra quegli 85 milioni e molti di più.

Ecco quindi perché lo stadio Olimpico e il Flaminio che già ci sono non servono a Lotito e a Rosella: puoi anche farne degli stadi moderni, efficienti e redditizi. Ma la cosa non interessa, intorno ad Olimpico e Flaminio non puoi costruire mezzo milione e passa di metri cubi di nuova edilizia. Dunque, per sanare i debiti dei due presidenti e per farli ricchi Roma si avvia a costruire due mini città su terreni pubblici a fini privati. Se qualcuno obietta, si racconta ai tifosi che è contro l’acquisto dei campioni in campo. Una bugia perfetta.

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