La task-force di Lotito per vigilare sugli arbitri. I caschi blu contro i presidenti!

ROMA – A sei giornate dalla fine del Campionato di serie A, quattro squadre si giocano il quarto gradino, l’ultimo treno per un posto in Paradiso, vale a dire l’agognato accesso in Champions League. Bello no? Lazio, Udinese, Roma e Juventus, rigorosamente in ordine di classifica, si giocano le residue speranze per un traguardo di prestigio assoluto (le prime due) o per salvare una stagione ampiamente compromessa (le seconde). E in palio ci sono un sacco di soldi, almeno 20 milioni tondi tondi della Uefa. Ce ne è abbastanza per essere soddisfatti, i tifosi ovviamente, gli sportivi tutti, le televisioni, gli sponsor. Peccato che un finale dove ogni squadra è costretta a dare il massimo, sola garanzia per la regolarità di tutte le partite che rimangono, peccato, dicevamo, che questo avvincente finale non sapremo gustarcelo come meriterebbe. Il film è sempre lo stesso: c’è un nemico in agguato, e l’arbitro, come il maggiordomo, è il sospettato numero uno.

Dovremmo parlare del forte collettivo organizzato da Reja, o dell’Udinese dei miracoli, del ritorno di super-Totti, o del colpa di coda della vecchia Signora. No, parliamo invece di una task-force, testuale, che vigili sull’operato degli arbitri. Il genio che ha usato per primo questa espressione è stato il presidente della Lazio Lotito. Abbandonato il latino per l’inglese, si sarà fatto influenzare dai titoli di guerra: c’è chi morirebbe per una metafora “esplosiva” e chi muore veramente sotto le bombe. Le istituzioni del calcio italiano non l’hanno presa bene, confinando la proposta Lotito tra le iniziative personali non ricevibili. Cioè, uno sostiene che il campionato forse non è regolare, che gli arbitri favoriscono qualcuno (leggi la Roma) e nessuno ha il coraggio di strapazzarlo come merita. Oltretutto la task-force varrebbe solo per la corsa Champions, come se la regolarità di un campionato fosse da vigilare “a intermittenza”, o per aree geografiche o, perché no, a giorni alterni.

La Roma ha reagito subito, automaticamente. Come il cane di Pavlov. Ma invece di recriminare per l’assurdità della proposta o per la genericità delle accuse, il dg. Montali non digerisce l’ironia sulla “fortuna” giallorossa a Udine. La replica velenosa rimanda al campionato scorso, a quel Lazio-Inter che vide i laziali scarsamente incentivati a fare appieno il proprio dovere. Insinuazioni non verificate, giornate consegnate agli almanacchi, ma pur di polemizzare va bene tutto.

Lotito, nonostante le minacce (“Non permetterò a nessuno di danneggiare una società quotata in Borsa”) ha raggiunto il suo scopo, nell’occasione supportato dal redivivo Cicciobello Rutelli. Un faro puntato sugli scontri diretti come Lazio-Juventus, Udinese-Lazio. Lo scopo vero, il quarto posto, è meglio se lo giochino i calciatori sul campo. Contro il protagonismo dei presidenti chiediamo una missione umanitaria.

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