Mancini ovvero i soldi vincono sempre, è proprio vero. In qualsiasi campo. Difficile trovare un antidoto. Dinanzi al dio danaro, tutto passa in secondo piano.
E’ questa la lezione che viene a noi tutti da Roberto Mancini. Fino a qualche tempo fa simbolo degli azzurri, l’allenatore che aveva portato il successo dell’Italia in Europa. Poi, è vero qualche delusione come l’eliminazione dai mondiali. Ma era uno stop che i tifosi e i molti altri che amano il calcio gli avevano perdonato. “Andiamo avanti, avremo nuove soddisfazioni”, si diceva.
Tutto questo si è sciolto come neve al sole quando dall’Arabia sono arrivate le sirene, sotto forma di sceicchi. Hanno avvicinato il nostro commissario tecnico quando da noi era pieno inverno e gli hanno sussurrato all’orecchio una musica il cui ritornello aveva un sostantivo ricorrente: danaro, tanto danaro sotto forma di milioni di dollari. Chiunque avrebbe vacillato dinanzi a queste promesse.
Si può capire Mancini, anzi è assolutamente assolto. Quello che gli rimprovera l’opinione pubblica è aver fatto tutto di nascosto. Ufficialmente nessuno sapeva nulla: né i vertici del calcio, forse nemmeno i suoi più stretti collaboratori che ora, comunque, lo hanno seguito nella sua avventura d’Arabia.
E’ il modo in cui il trainer degli azzurri se n’è andato che non si può giustificare. Anche gli amori più travolgenti ad un tratto svaniscono, ma c’è sempre una ragione che non è l’interesse. Se una volta ottenuta la promessa, Roberto fosse andato dal presidente della Federazione e gli avesse confidato il segreto, tutto si sarebbe svolto in un ambito che potremmo definire professionale.
Al contrario, la bomba (così è stata definita) è scoppiata all’improvviso a poche settimane dalle qualificazioni dei mondiali. Nonostante la notizia avesse ormai fatto il giro del mondo Mancini ha continuato a negare fin quando non è apparso in fotografia con i suoi nuovi datori di lavoro.
Ha fatto un discorso di circostanza, le solite belle parole, il ricordo delle polemiche quando ad esempio ha confessato che “si lascia alle spalle i veleni italiani” per poi sconfinare oltre ogni ostacolo nel momento in cui gli è stata regalata una cravatta verde e bianca che, guarda caso, rappresenta i colori della nazionale che allenerà.
Con la promessa (è logico) di tagliare traguardi insperati, spiegandone la ragione. “Qui crescono nuovi talenti, qui si fa il calcio”. Suvvia, a tutto c’è un limite: quando si afferma che l’ Arabia diventa l’Inghilterra di una volta si rimane perplessi. Però, ecco il punto: è sempre il dio danaro a farla da padrone.
Mancini ha firmato un contratto di tre anni al termine del quale incasserà novanta milioni. Per una cifra del genere si può anche cambiare il colore della nazionale che allenerai: dall’azzurro al verde e bianco. Come la cravatta che gli è stata donata durante la presentazione ufficiale.
Questo significa in parole povere che lui sarà l’allenatore più pagato al mondo. Se non sarà una vita da protagonista del calcio giocato sarà certamente per lui un’esistenza senza più pensieri. A questo punto, l’interrogativo è quello che ci poniamo da tempo: che c’entra il football attuale con quello di cinquant’anni fa?
Per carità, non perché non ci siano più valori in campo, ma per la semplice ragione che in Europa molte società debbono stringere i denti per sopravvivere, mentre poi gli sceicchi e il petrolio hanno il potere di cambiare tutto.
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