Michael Jordan: "Quando sono arrivato ai Chicago Bulls ho trovato festini con cocaina, marijuana e donne" Michael Jordan: "Quando sono arrivato ai Chicago Bulls ho trovato festini con cocaina, marijuana e donne"

Michael Jordan: “Quando sono arrivato ai Chicago Bulls ho trovato festini con cocaina, marijuana e donne”

CHICAGO (STATI UNITI) – E’ uscito su Netflix “The Last Dance”, il documentario che parla dell’ultimo anno di Michael Jordan ai Chicago Bulls.

Quando è arrivato ai Bulls, il giovane Jordan è stato catapultato in una delle peggiori realtà della NBA.

Prima del suo arrivo, i Bulls non avevano vinto niente, in città non andava a vederli nessuno e nello spogliatoio regnava l’indisciplina più totale.

Di questo, e di molto altro, ha parlato lo stesso Jordan in un documentario che già sta facendo discutere. 

“Quando sono arrivato a Chicago, ho trovato un vero disastro. I giocatori non facevano altro che fare festini. 

Io venivo dal college, non avevo mai visto niente di simile. C’era di tutto, strisce di cocaina, marijuana e alcol a fiumi e tante tante donne…

Non appena ho visto tutto questo, ho preso una decisione: non avrei mai partecipato a cose del genere.

Ero a Chicago per fare una vita da atleta. Dovevo pensare solo al basket e alla mia carriera. 

Così in poco tempo sono diventato la stella della squadra ma per vincere un titolo ho dovuto aspettare ben sette anni.

Sono stati decisivi gli arrivi in squadra del coach Phil Jackson e di Scottie Pippen che per me era il perfetto numero due”.

Con i Bulls, Jordan ha vinto ben sei titoli NBA (1991, 1992, 1993, 1996, 1997 e 1998). 

Jordan ha vinto anche due olimpiadi con la nazionale americana di pallacanestro. 

E’ considerato il giocatore più forte nella storia del basket e vanta numerosi premi anche a livello individuale. 

Jordan ha chiuso la sua intervista con un grosso rammarico.

“Dopo che avevamo vinto il sesto titolo, volevamo andare avanti tutti insieme, con il coach Phil Jackson ma la società ha deciso di mandarci tutti via per far partire una rifondazione.

Si è trattato di una grande ingiustizia perché avevamo il diritto di giocarcela finché qualcuno non ci avrebbe tolto il titolo NBA”.

 

 

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