Ministra Kyenge: “Balotelli forte e italiano, qualcuno si è sentito minacciato”

Ministra Kyenge: "Balotelli forte e italiano, qualcuno si è sentito minacciato" (Ansa)
Ministra Kyenge: “Balotelli forte e italiano, qualcuno si è sentito minacciato” (Ansa)

MILANO – La ministra Kyenge è stata intervistata in esclusiva da Valerio Picconi della ‘Gazzetta dello Sport‘. Riportiamo alcuni passaggi dell’articolo.

“Da ragazzina in Congo che altro sport le piaceva?
«Nuotavo. Ora vedo volentieri la pallavolo e naturalmente anche l’atletica».
Campionessa preferita?
«Ammiravo Fiona May e i suoi salti ».
E ora?
«C’è una nuotatrice che stimo moltissimo: Miriam Corsini. Nata da mamma mozambicana e da papà italiano, gareggia per il Mozambico senza dimenticare l’orgoglio di sentirsi italiana».
Tifa per qualche squadra di calcio?
«No, solo per la Nazionale».

Non è traumatico scoprire che un po’ del Paese non riesce a sopportare di essere rappresentato da lei? Insomma, come reagire? Ridimensionando o prendendo di petto?

«Sei sei un buon amministratore o un leader politico devi saper riconoscere questo disagio, capirne le cause, trovare gli strumenti giusti e il modo di comunicare per reagire».

E qual è questo modo?
«Il razzismo è aiutato dalla crisi, dalla paura, dall’insicurezza, da un’idea di diversità che non viene presentata mai come ricchezza. La realtà è cambiata in modo velocissimo e la comunicazione non è riuscita a reggere questo ritmo… In fondo a me sta succedendo quello che è accaduto anche con Balotelli».

In che senso?
«Fino a che Balotelli era un giocatore italiano e basta, magari all’estero, lo si è in qualche modo accettato. Poi ha rappresentato l’Italia, giocando in Nazionale, vincendo, segnando. A quel punto qualcuno si è sentito minacciato. Un po’ quello che è accaduto con la nascita del mio Ministero. Tutto sta nella paura della diversità, per questo bisogna saper cambiare anche il modo di comunicarla».

E intanto la stagione calcistica è ricominciata con un giocatore che ha lasciato il campo, stufo dei cori razzisti peraltro in un’amichevole. Finendo pure sotto accusa per «essersi fatto giustizia da solo».

«Il problema di come reagire, in campo e fuori, è delle istituzioni sportive. Ma chi gioca è sotto stress e non tutti siamo uguali: quando uno è così stressato è difficile dirgli “potevi far questo o quest’altro”.

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