ROMA – Miralem Pjanic, centrocampista della Juventus, è stato accusato dalla sua ex compagna per maltrattamenti e lesioni.
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È stato però lo stesso pubblico ministero a chiedere l’archiviazione del caso, su cui adesso dovrà esprimersi il giudice per le indagini preliminari.
A denunciare la faccenda, riporta La Repubblica nell’edizione odierna (29 marzo, ndr) era stata la donna, Francesca Rizza, che, il 6 ottobre 2016, aveva narrato le vicende relative a un rapporto dove la reciproca gelosia non sarebbe mancata. La vittima “esponeva di aver subito violenze fisiche e verbali”, recitano gli atti che raccontano di uno schiaffo elargito da Pjanic. Un ceffone che avrebbe colpito la donna all’orecchio, avvenuto nel gennaio di due anni fa.
E ancora il mese successivo, quando sarebbe scoppiata una lite in macchina, terminata con un forte dolore al coccige patito dalla ragazza. Da Fiumicino a Casal Palocco, i round tra il centrocampista bosniaco e la sua amata sarebbero stati diversi.
Non mancherebbe, secondo la denuncia, uno spintone che avrebbe costretto la vittima a fare un bagno in piscina non programmato. E poi pugni e frasi ingiuriose.
Gli episodi romani sarebbero proseguiti anche a Torino, al Golden Palace Hotel. A rivelarlo sarebbero anche i certificati dell’ospedale piemontese Molinette, dove la compagna di Pjanic si sarebbe fatta refertare alcune lesioni subite.
Insomma, considerando il racconto fornito agli inquirenti dalla donna, la procura di Roma non poteva che iscrivere Pjanic sul registro degli indagati.
Il pm così aveva ascoltato la vittima e l’indagato, in due diverse occasioni. La faccenda era stata presto ridimensionata. Perché sarebbe emerso come entrambi i protagonisti abbiano compiuto comportamenti particolarmente astiosi, l’uno nei confronti dell’altro.
La stessa ragazza avrebbe ritirato la querela e così la procura avrebbe proceduto solo per i maltrattamenti. Poi la richiesta di archiviazione anche per quell’accusa.
“La rimessa querela da parte della persona offesa”, “la sua dichiarata e volontaria decisione di intraprendere una convivenza con l’indagato” e i certificati medici poco riconducibili alle possibili lesioni, non avrebbero dato elementi certi su cui intraprendere un’azione penale.
Inoltre all’epoca dei fatti i due non erano neanche conviventi, condizione questa necessaria per ipotizzare il reato di maltrattamenti in famiglia. E come se non bastasse, gli inquirenti ritengono che al massimo potrebbero essere ravvisati episodi sporadici, non un’abituale prevaricazione compiuta dall’indagato.