Mondiali, disastro Italia, Lippi si immola: “Processatemi, è tutta colpa mia”

Pubblicato il 24 Giugno 2010 - 22:08 OLTRE 6 MESI FA

Marcello Lippi

Quattro anni fa fumava il sigaro sul terreno dell’Olympiastadion stringendo la Coppa del Mondo, oggi nasconde le sue lacrime e si arrende: ”Mi prendo tutte le responsabilità, nessuna esclusa: la colpa è tutta mia”.

Marcello Lippi, il vincente per eccellenza, saluta la Nazionale con una disfatta. Non basta parlare di eliminazione, sconfitta, delusione, vergogna: quelle parole le usano i suoi ragazzi, lui preferisce prendersi tutta la colpa. È una resa senza condizioni, con parole dure e autoaccusatorie.

”I processi? Figurarsi se non me li aspetto: li facevate prima, ora sarà logico sia così. Sono pronto: io mi sono già autocondannato”, dice dopo aver detto addio al Mondiale da campione in carica, così alla prima botta, tre partite e neanche una vittoria, sempre in sofferenza, sempre in svantaggio, mai un colpo ad effetto, mai l’impressione di esser padroni. Una distanza abissale dall’Italia di Berlino.

Nel processo ci mette dentro tutto, senza mai nominarlo, e quel che non lascia intendere possono aggiungerlo tutti i suoi accusatori. I moduli, la fissazione per il gruppo, le preferenze per giocatori più congeniali alla sua idea di calcio, l’accantonamento di talenti anarchici: tutte immagini che scorreranno veloci nella mente di Lippi. Ed è suo l’unico vero guizzo di tutta l’avventura azzurra in Sudafrica.

”Mi prendo tutte le responsabilità – ripete per l’ennesima volta nella sala stampa dell’Ellis Park – perchè se la squadra si presenta in campo col terrore nelle gambe, nella testa e nel cuore, significa che l’allenatore non l’ha preparata come doveva. La colpa è sempre del capo: quattro anni fa, senza modestia, mi presi i miei meriti. Ora mi dispiace da morire chiudere così  i miei quattro anni, per la maggior parte fantastici e in parte deludenti”.

Dispiace da morire ”per i tifosi, per la squadra, per la Federcalcio e i suoi dirigenti”, dice dopo aver parlato negli spogliatoi a squadra e al presidente Abete. ”Mi prendo le responsabilità delle scelte, di come ho preparato, di tutto – aggiunge – Quagliarella troppo tardi? Ci sta anche questo. Credevo in questi ragazzi, ci credo ancora: ero convinto di fare tutt’altro Mondiale, non certo di rivincerlo, ma tutt’altra figura. Ecco perchè la responsabilità è di chi ha costruito e preparato questa squadra: non ho dato i giusti presupposti psicologici, non ho trovato la formula giusta”.

Ma parla anche di costruzione, cioè del percorso di due anni con le scelte finali: l’esclusione di Rossi, la rinuncia a Totti, Cassano no quello non è un rammarico. Semmai ”gli infortuni di Pirlo e Buffon, non poca roba” per questa Italia senza campioni. ”Sia chiaro, non mi sono pentito di essere tornato. Quando parlo di anni fantastici – aggiunge Lippi – intendo quelli che ci hanno portato a vincere il Mondiale. La delusione è ora, anzi stasera”.

Segno che Lippi si sente tradito, da se stesso, dalla serata, forse anche da qualche senatore. ”Prima della partita, ho radunato la squadra e ho detto: finalmente è arrivato il Mondiale. Era un anticipo di ottavo, dentro o fuori. Doveva essere la serata della nostra esplosione. Invece la squadra non si è espressa, non ha pressato, non ha giocato, non ha fatto nulla”.

Colpa del livello del calcio italiano? ”Non viviamo un bel momento, certo: ma non siamo quelli di questa sera”. Sara’ dura rialzarsi, ammette Lippi, augurando al successore Prandelli ”di fare in fretta a rimettere in sesto la situazione. Io invece – aggiunge – starò fermo qualche mese, e poi vedrò cosa fare”. Ma guai a dirgli che la squadra non lo seguiva perchè sapeva che sarebbe andato via: ”Tutto si può dire a questa Nazionale, meno che offenderla cosi”. Addio Italia.