Coppe: Napoli fuori, Roma Inter e Milan quasi. Il “tafazzismo tracotante” del calcio italiano

ROMA – Cinque partite, di cui quattro in casa. E il bilancio dice: quattro sconfitte e un pareggio (inutile) per 0-0. Sono i numeri delle squadre italiane nelle coppe Europee, numeri che raccontano di un calcio in difficoltà e che rischia di trovarsi a marzo fuori da tutte le competizioni. Ieri è uscito il Napoli sconfitto 2-1 in Spagna dal Villarreal: la sfortuna ci ha messo del suo, è vero. Quello che non è normale, però, è che il Napoli fosse l’unica squadra rimasta a livello di sedicesimi di finale.

In Champions League non sta andando meglio, anzi. Tre partite in casa e tre sconfitte, la Roma con lo Shaktar, il Milan con il Tottenham e l’Inter con il Bayern in una frettolosa ripetizione della finale dello scorso anno.

E pensare che quando le tre avversarie delle italiane furono sorteggiate un paio di mesi fa, commentatori e tecnici spiegavano in blocco che era andata benissimo e che tutte e tre erano favorite. Quando si dice che il silenzio è d’oro. La verità, sforzandosi di guardarla fuori da una prospettiva “italocentrica” è che le cose sono andate più o meno secondo pronostico.

Le tre vincitrici di girone hanno battuto le tre seconde, se non ci fossero state di mezzo le nostre squadre non avremmo fatto una piega. Ci si è dimenticati troppo presto che lo Shaktar, solo per fare un esempio, due anni fa ha vinto l’Europa League. La stessa competizione in cui la Roma, l’anno dopo, si è fermata ai sedicesimi di finale. Lo Shaktar ha vinto un girone in cui c’era l’Arsenal, la Roma è arrivata seconda nel suo gruppo, e non senza fatica. Perché la Roma avrebbe dovuto essere, anche solo sulla carta, la favorita?

Quanto all’Inter, campione in carica, in fondo ha perso la rivincita della finale, anche con un po’ di sfortuna. E’ una cosa che ci può stare. A deludere davvero, invece, è stato il Milan anche perché il Tottenham è alla sua prima partecipazione in Champions. Eppure, a guardarla bene, anche questa sconfitta non è poi così sorprendente: nelle sue due ultime partecipazioni, infatti, il Milan è stato buttato fuori da una squadra inglese, il Manchester United l’anno scorso, l’Arsenal nel 2008.

Se in Champions League va male, in Europa League la disfatta è totale e allarmante nella sua regolarità. Nel secondo torneo continentale, quest’anno,  non siamo in grado di piazzare una sola squadra tra le prime sedici. Palermo, Juve e Samp si sono arrese ai gironi trovando “insuperabili” avversari come il Lech Poznan che ha preso il posto della Juve e che, come da pronostico, ieri è stato sbattuto fuori senza tanti complimenti.

L’anno scorso andò appena meglio: agli ottavi arrivò e uscì la Juventus, eliminata dal Fulham una squadra che nel Campionato inglese lotta per salvarsi. L’anno ancora precedente la coppa era ancora Uefa e l’Udinese, ultima superstite, si fermò ai quarti contro il Werder Brema.

Quando c’era la Coppa Uefa, il luogo comune, non del tutto infondato, era proprio che dalla capacità di avanzare in quella  competizione si misurava la consistenza calcistica di un movimento. Un ragionamento semplice: in Coppa dei Campioni andava una sola squadra e la “crema” di ogni campionato si dava battaglia nella Uefa. Con la Champions, si dirà, il meccanismo è cambiato. Ma solo in parte: l’Europa League è comunque l’espressione della fascia medio alta (quarto-settimo posto) dei principali campionati europei. Rappresenta quindi quel gruppo di squadre che mostrano, meglio di altre, il livello medio del campionato di riferimento. Ed è proprio in questa fascia che il calcio italiano sembra essersi indebolito di più.

Non è solo crisi, però. E’ anche assurda prosopopea. Succede, infatti, che nel campionato le squadre non di primissima fascia (dalla Samp al Palermo passando, senza offesa, per l’attuale Juve),  si diano battaglia per prendere un posto in Europa League. Poi, una volta che ci arrivano,  si accorgono improvvisamente “che giocare di giovedì è un problema”, che “l’Europa League conta poco” (soprattutto per il portafogli), e che “in fondo è meglio arrivare quarti”.

Il risultato è che spesso l’Europa, invece che vetrina, diventa occasione per turn over obbrobriosi. Della serie, “vuoi che non battiamo gli austriaci o i polacchi con la squadra riserve?”. No. Non li battiamo, ci danno lezione di calcio e ci mandano a casa.  Succede ogni volta che c’è il “miraggio” del quarto posto in campionato. Quante volte si è sentito sollevare, dagli addetti ai lavori,   il dubbio che  l’impegno di Coppa (a meno che non sia Champions), possa essere un ostacolo per il campionato? Il risultato è questo: la nostra stagione europea rischia di finire a marzo.

Per tutti questi tecnici e dirigenti miopi che non calcolano gli avversari, adesso arriva la giusta punizione: il quarto posto, dal 2012, non servirà più alla Champions. Lo prendono, sia chiaro lo conquistano non è che ce lo rubano, i tedeschi che con le loro squadre fanno meglio di noi da anni. Un contrappasso che ci siamo meritati. E, visti gli attuali risultati, sarà dura riprendersi i titoli per tornare in alto nel ranking Uefa.

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