Nazionale, Buffon come Maldini. Con Malta raggiunge 126 presenze

ROMA – Centoventisei, e non sentirli. Gigi Buffon nel gotha dei campioni azzurri c’era già. Ma raggiungere al secondo posto un simbolo come Paolo Maldini, a quota 126 e solo dodici partite dal recordman assoluto Fabio Cannavaro, è tappa simbolo di un film tutto azzurro.

“Non ci penso più di tanto, mi emoziona di più l’idea di arrivare a 150”, diceva Buffon pochi giorni fa. E chi lo conosce sa che – a 35 anni – non è una “sbuffonata” delle sue, quelle uscite plateali per le quali è diventato famoso prima ancora che per le parate.

Dal ciak numero 1, l’esordio a 19 anni in un Russia-Italia a Mosca, quando prese il posto al 32′ dell’infortunato Pagliuca e confermò a tutti di essere un predestinato; al n.126, domani a Malta. Passando per il 50 – Italia-Norvegia a Palermo nel 2004, prima ufficiale di Lippi – e il 100 – Italia-Olanda anonimo 0-0, a novembre 2009.

Al guascone Buffon, tutto parate d’istinto, talento puro e uscite inconsuete, non piacciono i numeri tondi. Si sa, lui preferisce mettere una maglia da Superman dopo aver parato un rigore a Ronaldo, far discutere per un “Boia chi molla” scritto sulla maglia Parma dopo il rientro da un infortunio, oppure dedicare la vittoria della nazionale ai lampedusani alle prese con l’emergenza immigrati o chiedere scusa a tutti gli italiani per lo 0-3 di avvio Euro 2008.

Non è forse solo un caso cabalistico se il film della sua carriera azzurra, sedici lunghi anni di trionfi, sconfitte e ritorni, passa per numeri sghembi: la presenza n.112 con la quale, in un Italia-Uruguay a novembre 2011 in coincidenza con i 150 anni dell’Unità d’Italia, raggiunge un altro mito della porta azzurra, Dino Zoff. O la presenza numero 66, quella della notte più bella di tutte, il 9 luglio 2006 sotto il cielo di Berlino mondiale.

Buffon e la maglia azzurra, è stato un film spesso al limite del retorico, all’insegna del patriottismo, dell’orgoglio, dell’inno, della commozione. Comunque di un senso di appartenenza forte. Parate e polemiche, come quella che lo investì quando a Genova si ritrovò in azzurro dopo aver detto che lui all’arbitro di Milan-Juve che il gol di Muntari era entrato davvero non l’avrebbe detto, se interrogato. Cacciate Buffon dalla nazionale, almeno per una partita, la richiesta di qualcuno.

Un invito già ventilato nel 2006, più per un caso di scommesse che per Calciopoli, e ancora prima dell’ultimo Europeo, quando il portiere diede vita a un duello dialettico con la procura di Cremona e si ritrovo’ al centro della bufera per un’informativa della Finanza.

Agli occhi dei tifosi azzurri, Buffon resta però quello che alza le braccia al cielo di Berlino dopo aver costretto Trezeguet all’errore dal dischetto. O quello di Italia-Francia 2-0 nel 2008, di Germania-Italia 0-2. O ancora quello da rimpiangere quando dopo la prima partita dei Mondiali 2010 deve gettare la spugna e abbandonare per un’ernia del disco. A conti fatti, un numero 1.

Nulla di strano se arrivato a quota 126, con sessantuno vittorie, trentasei pareggi e ventotto sconfitte di bilancio, Buffon non si scomponga e dica: aspettatemi a quota 150.

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