La sentenza del Tas mette nei guai anche Jannik Sinner: non c’è volontarietà ma arrivano nove mesi di squalifica
Il Tas ha emesso la sua sentenza e per Jannik Sinner sono guai. Il talento italiano attende l’esito del ricorso della Wada contro la sua mancata squalifica da parte dell’Itia per la doppia positività al clostebol riscontrata durante il torneo di Indian Wells.
I fatti, nella versione raccontata dallo staff di Sinner e accolta dall’agenzia che si occupa dei casi di doping nel tennis, sono noti. Naldi, ex fisioterapista del numero 1 al mondo, avrebbe utilizzato una pomata contenente la sostanza vietata per curare una ferita al mignolo e, massaggiando senza guanti il tennista, sarebbe avvenuta la contaminazione. Una versione che non è bastata però alla Wada che ha deciso di presentare ricorso al Tas di Losanna chiedendo una squalifica per uno o due anni del campione di San Candido.
L’attesa per la sentenza, almeno finora, non sta condizionando Sinner in campo: i successi agli Us Open e Shanghai dimostrano che il tennista riesce a restare concentrato sull’attività agonistica e che non si fa influenzare da ciò che gli sta accadendo attorno. Le notizie che arrivano sul Tas di Losanna però non lasciano tranquilli e una sentenza rischia di mettere seriamente nei guai lo stesso Sinner.
Sinner, 9 mesi di squalifica: il caso Halep preoccupa
La decisione del Tribunale Arbitrale dello sport in questione riguarda l’ex numero 1 Wta Simona Halep, anche lei trovata positiva al doping negli Stati Uniti.
Squalificata per quattro anni dall’Itia, sul suo caso si è espresso il Tas che ha stabilito la non volontarietà dell’assunzione, ma nonostante questo l’ha comunque qualificata per nove mesi per “incauto utilizzo di un integratore contaminato“. Il suo caso è per certi versi simile a quello di Sinner e ciò che preoccupa sono alcuni passaggi con il quale il tribunale ha motivato la decisione di fermare l’atleta per nove mesi.
Passaggi, riportati dal ‘Corriere della Sera’, che tirano in ballo proprio la tennista (già tornata a giocare da mesi) e il suo dover essere in grado di scegliere le persone del suo staff e di affidarsi a professionisti adatti al ruolo. Così nella sentenza si legge che la Halep nell’utilizzare il prodotto contenente la sostanza dopante “si è affidata completamente alla sua fisioterapista personale, che non è un medico o un clinico“. Il Tas quindi si chiede il motivo per cui in un ambiente altamente professionale questioni legate all’antidoping “siano affidate a persone che non abbiano esperienza in questo settore“.
Inoltre i giudici hanno anche aggiunto che la Halep avrebbe dovuto “capire i limiti delle qualifiche della sua fisioterapista” e che non funge da attenuante il fatto che giocasse negli Stati Uniti, in un continente diverso dal suo. Nonostante le differenze evidenti dei due casi (uno riguarda un integratore, l’altro una pomata), questi passaggi della decisione del Tas allarmano non poco Sinner in vista del suo giudizio con i concetti che hanno portato alla squalifica della rumena che potrebbero essere utilizzati anche nell’arbitrato che riguarda l’italiano.