Olimpiadi di Tokyo, l’Italbici ha chiuso un ciclo. Avanti il prossimo. La corsa in linea, vinta da Carapaz, ha messo a nudo le lacune del nostro ciclismo. Dietro a Nibali, che ha 36 anni, non c’è molto. Filippo Ganna, la pista e la straordinaria Elisa Logo Borghini (bronzo a Tokyo ed Rio) che va verso i trent’anni. Tutto qui. Francamente non è molto.
Un velo di polemiche sta affiorando alle Olimpiadi. Non è un azzardo dire che il presidente federale Candiano Dagnoni (eletto a febbraio per il quadriennio 2021-2024) non è soddisfatto della prova del quintetto azzurro (Nibali, Bettiol, Moscon, Caruso, Ciccone) perché “opaca”, impalpabile, malinconica. Per carità, l’impegno c’è stato. E sta meditando una svolta profonda. Ha già anticipato che occorre “un nuovo sistema di lavoro”. E poi: “Valuteremo a Roma“. Sibillino.
Dunque il c.t. Cassani è a rischio. Potrebbe non essere riconfermato. Niente da dire sulla serietà e affidabilità del tecnico romagnolo. È il suo metodo di lavoro che è nel mirino.
Esempio: ha lasciato perplessi (eufemismo) l’avvicinamento degli azzurri ad un Olimpiade così dura, per scalatori. I numeri parlano chiaro. 70 km di salita su 234, dislivello di 4.685 metri, la salita decisiva di 7 km con punte del 18%. Il solo Nibali si è preparato al Tour (salutato però anzitempo, alla tappa n. 15).
Tutti gli altri hanno fatto gare perlopiù di allenamento. Sono mancati i test di qualità. Mica poco. Ed infatti questi limiti di preparazione sono emersi crudelmente. Bettiol, il primo degli azzurri e forse il più in forma, è stato colto da crampi finendo quattordicesimo. Sul podio sono andati due scalatori puri (Carapaz,Pogacar) e un campione polivalente (Van Aert). Di più: i primi otto all’arrivo hanno fatto tutti il Tour de France. Magra consolazione che il manager di Carapaz sia il piemontese Giuseppe Acquadro e che la bici dell’ecuadoreno sia italiana ( la veneta Pinarello). Ha detto l’esperto Luca Gialanella: ”L’Italia può anche perdere, ma non così“.
La crisi che emerge dalle Olimpiadi
Diciamola tutta. Il movimento è a corto di ricambi. Dal 2009 su 77 grandi corse ( classiche monumento, Mondiali, Giochi ) l’Italia ne ha vinte solo quattro. Va anche detto che l’Olimpade è solo agli inizi. Mercoledì c’è la cronometro e Ganna e Bettiol possono regalarci un podio. E poi ci sono gli Europei a Trento e i Mondiali in Belgio a settembre.
L’Italbici può regalarci ancora belle sorprese. Intanto teniamoci stretto l’atto di forza di Elisa Longo Borghini. Emblematico. Ha dato la prima medaglia alla gestione Dagnoni. Di certo ne seguiranno altre.