LONDRA – Un’Olimpiade amara: tra il doping del (ex) campione Alex Schwazer, gli insuccessi di Federica Pellegrini, il mancato oro per Roberto Cammarelle sono tanti i punti oscuri di Londra 2012 per gli Azzurri.
Il bilancio non è pessimo: 28 medaglie, una in più di Pechino 2008. Ma manca l’entusiasmo, e l’apprezzamento generale.
Sono almeno due gli ori mancati più per sfortuna che per volontà nella boxe targata Marcianise: sono quelli di Cammarelle e di Clemente Russo. Ma anche quello destinato a Marco Aurelio Fontana, a cavallo della sua Mountain bike sena sellino, in testa al gruppo fino all’incidente.
Pallavolo e pallanuoto hanno dati buoni risultati, ma anche qui non c’è stato lo sprint finale, e così la chiusura è stata di un bronzo e un argento, anche se, va ammesso, con signori sfidanti come la Bulgaria e la Croazia.
Ma quel che forse è mancato di più è stata la vittoria in acqua. Federica Pellegrini e Filippo Magnini sono più presenti negli articoli di gossip che in quelli di sport. E la mancata gloria in vasca è bruciata agli italiani.
Ha fatto male anche, soprattutto, la beffa che ha soffiato il bronzo a Tania Cagnotto nei tuffi, e a Vanessa Ferrari nel corpo libero.
A ricordarci che siamo un Paese semi-circondato dal mare, e che quindi forse un po’ dovremmo saper nuotare, c’ha pensato la giovane Martina Grimaldi, classe 1988, bronzo nella maratona 10 km.
Resta il bell’esempio di Josefa Idem, mamma e campionessa a 48 anni, con un addio alle Olimpiadi più che decoroso, in tutti i sensi.
Quello delle donne di spada: Valentina Vezzali, Elisa Di Francisca, Arianna Errigo e Ilaria Salvatori. Vittoria nel fioretto femminile a squadre e Valentina Vezzali, alla nona medaglia olimpica, che supera Giovanna Trillini nel computo totale a cinque cerchi ed eguaglia Edoardo Mangiarotti nel numero complessivo di medaglie d’oro fra olimpiadi e mondiali con 19.
Soprattutto, la faccia bella degli Azzurri a Londra è l’esultanza di Jessica Rossi, oro al tiro al piattello, dedicata ai terremotati della sua Crevalcore e di tutta l’Emilia. Perché le Olimpiadi più dure l’Italia le deve vincere in casa.