Orologi, champagne e… salumi: che storia quella dei regali agli arbitri

Regali delle società di calcio agli arbitri: vecchia storia, riportata alla ribalta dagli ultimi sviluppi del processo su Calciopoli in corso a Napoli. In particolare, dall’intercettazione di una telefonata del dicembre 2004 tra Giacinto Facchetti e Paolo Bergamo, in cui il dirigente dell’Inter, scomparso nel 2006, parla di un “regalino” che l’allora designatore arbitrale avrebbe potuto ritirare nell’ufficio del presidente nerazzurro Massimo Moratti.

Una storia, quella dei regali agli arbitri, che negli anni si é nutrita delle più svariate dicerie e accuse, che, quale ne fosse il fondamento, sono state usate dai tifosi per gettare fango sugli avversari. Basti ricordare la ‘vulgata’ dell’Italia che non tifa Juventus sui presunti omaggi – leggi automobili – della famiglia Agnelli. Risale al gennaio 2000 l’ ‘emersione’ di una consuetudine di cui poco si parlava. Si parte con gli orologi Rolex donati per il Natale 1999 agli arbitri dalla Roma di Franco Sensi. Un gesto “di normale cortesia”, fatto “alla luce del sole”, commentò il club giallorosso. E comunque si trattava – aggiungeva malignamente un comunicato – di regali “di valore inferiore a quelli inviati da altre società”.

Così fan tutte, insomma. E l’allora designatore arbitrale Pierluigi Pairetto chiosava: “La nostra intenzione è stata sempre di mettere a disposizione dell’Aia (l’Associazione arbitri) gli oggetti che ci sono stati regalati. Ai quali ‘Le Monde’, con un po’ di sciovinismo transalpino, dedicò un articolo in prima dal titolo “Si può comprare un arbitro del campionato di calcio con della pasta o un orologio d’oro?”. Il quotidiano parigino scriveva che sotto l’albero i fischietti italiani avevano trovato “specialità gastronomiche offerte dal presidente della Lazio, prima in classifica, che è anche industriale agro-alimentare; uno stimolatore elettrico inviato dall’Inter, una bottiglia di champagne selezionata dal Milan di Silvio Berlusconi per i cento anni della sua squadra, qualche salsiccia da parte del Torino, una confezione d’olio d’oliva di Bari”. Banalità – aggiungeva – che però sono diventate scandalo quando si è saputo dei regali della Roma.

Pochi giorni dopo, il presidente dell’Aia Sergio Gonella annunciava che i regali natalizi ritenuti inopportuni e “superiori alla normalità” sarebbero stati restituiti. La lezione, evidentemente, era servita. Tant’é che nel dicembre successivo l’Aia assicurava: “Abbiamo dato precise istruzioni per i regali di Natale saranno accettati solo doni simbolici”. E da allora così e stato, o almeno sembra. Champagne e vini soprattutto: nel 2002, ad esempio, una cassetta di Krug da Sensi, champagne più borsone sponsorizzato da Moratti, borsetta da viaggio dall’Empoli, alcolici e superalcolici da Milan, Genoa e Siena; vino e olio dalla Lazio; prodotti alimentari anche da Bari e Perugia.

La Juve, invece, comunicò che la somma stanziata per i regali era stata devoluta a favore dei terremotati del Molise. Nel 2003, la strada della beneficenza fu imboccata anche da Milan e Lazio. Nel 2004, ancora tanto vino e champagne; mentre la Roma di Sensi rinunciò al Krug per una pacco dello sponsor con palloni, maglie, tute e giacconi; e lo stesso fece la Juve. E dal 2006, dopo Calciopoli, Natali ancora più ‘etici’ e maggiore austerity. Pacchi alimentari, bevande, ma anche solo cartoncini di auguri. E, di nuovo, beneficenza.

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