Rodrigo Hernández Cascante, per tutti Rodri: è il nuovo Pallone d’oro, uno spagnolo, era dai tempi di Luisito Suarez, perfino i boomer erano in fasce, era il 1960. E, per dire, i Butragueno, per non dire gli Xavi, Iniesta? No, non l’hanno mai vinto, nemmeno quando vincevano tutto, a ripetizione.
Rodri, il pallone d’oro normale
La giuria di France Football (cento giornalisti specializzati) ha assegnato la palma di miglior giocatore della passata stagione a un centrocampista, una rarità a meno che non ti chiami Modric. Grandi polemiche e grande rosicata a Madrid: il Real aspettava il premio a casa sua, Vinicius Jr sicuro, forse Bellingham, perché non Carvajal che ha vinto Champions e Europeo con la Spagna.
Un furioso Florentino Perez ha disdetto aereo e partecipazione alla premiazione, niente cerimonia per somma indignazione. Ce l’ha con France Football, forse con l’Uefa che è coinvolta, non con Rodri, che aveva le credenziali giuste pur non essendo un goleador o un funambolo o un centometrista. Ha vinto Premier League e Europeo. Soprattutto come si fa a volergliene?
In campo l’alter ego di Guardiola a dirigere l’orchestra di solisti del Manchester City, fuori un alieno rispetto alla canea ininterrotta dell’indotto mediatico generato dal calcio milionario. Una mosca bianca: pensate, non ha un profilo social. Addirittura, non esibisce tatuaggi. Unica concessione al look da premiato, le stampelle, perché nel frattempo si è spaccato il ginocchio. Una sobria eccezione che spicca per normalità. Paradosso solo apparente in un mondo dove l’anticonformismo è la regola.