Statuto FIGC, il presidente Gravina ha vinto il primo round. È passata, per ora, la sua riforma ma adesso il calcio è spaccato. D’accordo, è cambiato il peso della serie A (un consigliere in più e il peso elettorale è salito dal 12 al 18%) ma la Lega Serie A non ci sta. Voleva contare di più. Nessuno dei 20 delegati del massimo campionato ha votato il documento federale approvato comunque con l’83%. Insomma i club della Serie A hanno fatto muro: 8 hanno votato contro (fra queste Lazio, Milan e Napoli) e 12 si sono astenuti, in testa Roma, Inter, Atalanta, Juventus. Morale: è scontro .Gli sconfitti hanno già depositato il ricorso sulla legittimità della Assemblea. Di più: il presidente della Lega, il romano Lorenzo Casini – giurista, manager, in sella dal marzo 2022 – il 18 novembre riunirà i club per decidere la linea da seguire. Immediata la risposta di Gravina: ”Noi siamo andati incontro in maniera decisa alla A copiando quello che ci aveva chiesto in passato. I 12 club che si sono astenuti hanno dimostrato il disagio di chi ha compreso quello che è stato fatto per la Lega e chi invece ha voluto forzare la mano”. Già in mattinata Gravina aveva picchiato duro: ”Sono stato bersaglio di infamie e dossieraggi. Il calcio non si può ridurre ad una mera lotta di potere”.
In sintesi: per la Serie A, come detto, i consiglieri federali salgono da 3 a 4; la B da 1 a 2; la Lega Pro scende da 3 a 2 e dal 17 al 12%. Invariate le percentuali di LND, Assocalciatori e Assoallenatori. Esce di scena l’AIA, l’Associazione degli arbitri; Associazione in gran fermento: il 14 dicembre si vota per la nuova presidenza contesa tra l’ex arbitro Alfredo Trentalange e il manager Antonio Zuppi. La A conserva l’autonomia organizzativa nelle materie che le competono e diritto di veto anche in caso di conflitto con la FIGC.
Gira e rigira l’obiettivo è sempre quello: bussare alle porte del Governo, chiedere aiuti concreti. Se non è un S.O.S. poco ci manca. Il calcio è sprofondato in un punto penoso travolto da personalismi, individualismi, crociate, spese folli, mani bucate . L’onorevole siciliano Giorgio Mule’, vicepresidente della Camera, già sottosegretario nel governo Draghi, riconosce che il momento è difficile, che “ il lavoro è solo all’inizio”. Serviva una scossa e la scossa e’ arrivata. La rivoluzione che doveva essere fermata, è partita. E l’inizio di qualcosa di nuovo. Se sia sufficiente o insufficiente lo deciderà poi la Lega”.