Tessera del tifoso, ultras Atalanta. Il Bocia: "Errore l'assalto a Maroni ma la protesta va avanti"

da: La Repubblica

BERGAMO – L’ appuntamento è in un bar.
«Ma non sono latitante, eh…».
Claudio Galimberti, «Il Bocia», 38 anni, una ventina di Daspo sulle spalle, l’ ultimo scade nel 2014, è il capo-ultrà atalantino finito nell’occhio del ciclone per l’assalto al ministro Maroni alla Berghem fest leghista di Alzano Lombardo.
È uno dei 44 denunciati per adunata sediziosa. «Sono pronto a tutto, non vendo la mia anima e i miei principi. Ma voglio chiarire alcune cose».
Perché una protesta contro la tessera del tifoso è diventata una guerriglia urbana?
«In corteo c’erano 700 persone. Doveva essere una cosa pacifica, con centinaia di fischietti, l’idea era fischiare Maroni appena prendeva la parola…».
E invece sono esplose bombe carta, poi qualcuno ha bruciato auto della polizia e dei carabinieri.
«Con la questura c’era un accordo: farci arrivare davanti al maxischermo che trasmetteva le immagini dal palco. Non ci sarebbero stati problemi. Comparso Maroni, avremmo fischiato. Invece ci hanno fermati prima. Mentre parlavo con i dirigenti della Digos in testa al corteo, dalla coda si è staccato il gruppo che ha fatto casino».
Possibile che lei, capo della curva atalantina, non sapesse niente di quello che sarebbe successo?
«Premesso che ho saputo della presenza di Maroni solo due giorni prima, premesso che non mi sono mai nascosto dietro un dito (su Repubblica nel 2007 Galimberti dichiarò «lo scontro è la nostra droga» ndr ), premesso che quando c’è confusione è difficile controllare 700 persone, dico: le auto incendiate sono state un errore. Di bombe carta non ce n’erano: solo petardi. Ma non è questo il punto. Il punto è che io non mi vendo per una tessera che mi rende schiavo dello Stato. E come me la pensano decine di migliaia di ultrà. Che andranno avanti a protestare».

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