Tifosi di Roma e Napoli, scontri in autostrada. Ma vogliamo continuare a chiamarli tifosi? Di chi? Di che cosa?
Questo sostantivo premia le persone che hanno la passione per uno sport e una squadra e sperano che i loro benianimi riescano a superare gli avversari. Oggi, invece, c’è la brutta abitudine di chiamare tifosi quei gruppuscoli di mascalzoni che rovinano soprattutto le partite di calcio con il loro atteggiamento che viola le norme del codice penale.
L’ultima bravata degli individui in questione è avvenuta domenica mattina sull’autostrada Roma Milano, in prossimità di Arezzo. Con manganelli e spranghe si sono affrontati due gruppi di sostenitori del Napoli e della Roma trasformando quel tratto di viabilità in una bolgia che ha dell’incredibile. Chilometri di macchine ferme, uno stop senza possibiltà di trovare una soluzione almeno per i primi minuti della maxi rissa.
Un inferno, dicono le persone che si sono trovate vicino a quanto stava accadendo. Questi manigoldi si erano dati appuntamento? Interrogativo senza risposta, che però ha una coincidenza molto singolare. In quella zona, a ridosso di un distributore di benzina, nel 2007 si verificò una stessa, drammatica scena e un sostenitore della Lazio morì dopo una disperata corsa di un’ambulanza in ospedale. Si chiamava Daniele Sandri, ma purtroppo quel tagico episodio pare non abbia insegnato nulla a quanti si dovrebbero preoccupare di risolvere questo inqualificabile problema.
Una premessa, innanzitutto. Questi individui si definiscono sostenitori. E’ il termine giusto con cui chiamarli? Il vocabolario italiano parla chiaro. Si ritengono tali quelle persone “che sono fautori convinti di una idea”. Allora, che hanno a che fare questi manigoldi, cioè “individui malvagi e privi di scrupoli?”
Proprio nulla, visto come sono andate le cose. Si dice che i primi ad iniziare la guerriglia di domenica siano stati i napoletani che aspettavano il pullman giallorosso in viaggio per Milano, dove la loro squadra del cuore doveva affrontare i diavoli rossoneri. Non è questo il punto che vogliamo sottolineare, ci penserà la magistratura insieme con le forze dell’ordine a identificare e stanare i responsabili.
E’ il problema di questo tifo (anche se è improprio definirlo così) a porci un interrogativo. Come mai dopo tanti anni siamo ancora “al carissimo amico”? Insomma, perché non si è riusciti a frenare un problema così delicato che danneggia lo sport, soprattutto il calcio, disciplina che coinvolge decine di migliaia di persone? Ricordiamo che questi gruppuscoli hanno davvero condizionato anche le partite di serie A.
Incitando la gente a tenere comportamenti assai scorretti e a volte costringendola ad abbandonare le gradinate, se non voleva passare guai. Ad esempio ci fu un Roma – Lazio di qualche anno fa che per un pelo non fu interrotta a causa di un gruppuscolo di invasati che non voleva si continuasse il derby per un incidente con la polizia che poi risultò del tutto falso.
Difficile seguire un percorso che possa eliminare un simile degrado? Impossibile trovare un rimedio? Volere è potere insegna un vecchio adagio. Basterebbe ripercorrere il percorso delle autorità inglesi che dovettero combattere contro la violenza degli hoolingan.
Nella lingua britannica si invidua con tale termine un teppista che ama la violenza. Ebbene, gli hooligan erano riusciti ad avvelenare il calcio, ad impedire che le persone per bene potessero andare allo stadio, magari portando con loro un figioletto. Nel giro di pochi mesi, il governo mise fine a questo scempio, con un dispositivo di legge che impediva ai manigoldi del football di andare allo stadio. Tutti a casa, altrimenti la galera.
Allora, una volta identificati i responsabili di tali episodi teppistici, gli si impedisca una volta per tutte a non essere presenti durante una partita. In modo che i tifosi veri possano godersi tranquillamente lo spettacolo e sostenere con gioia i loro beniamini.
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