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Ultras Verona, non solo Lampedusa: trent’anni di striscioni e razzismo (FOTO)

di admin |8 Ottobre 2013 16:01

VERONA – Il minuto di silenzio per le vittime di Lampedusa violato all’inizio di Bologna-Verona 1-4 non è la prima discutibile provocazione degli ultras dell’Hellas Verona, curva da sempre di estrema destra.

È una storia lunga, i cui primi passi salienti documentati sono negli anni 80.

Sono anni indimenticabili per il calcio a Verona. Nel 1985 la squadra allenata da Osvaldo Bagnoli vince lo scudetto, a sorpresa, davanti al Torino, all’Inter, alla Sampdoria e al Milan. Resterà un’impresa ineguagliata del calcio di provincia: mai una società di una città non capoluogo di regione ha vinto lo scudetto.

A Verona c’è una tifoseria molto calorosa. Veronesi tutti matti, si dice in Veneto. Dal 1971 è attivo un gruppo ultras: sono le Brigate Gialloblù. Inizialmente apolitiche, si spostano sempre di più a destra a partire dalla seconda metà degli anni 70.

Nel decennio successivo lo slittamento a destra è definitivo e i supporter gialloblù si caratterizzano per la loro rivalità con le tifoserie meridionali, Napoli su tutte.

Ma ci sono scontri pesanti anche con quelle del Nord: Brescia, Atalanta, Vicenza, Bologna, Juventus, Genoa, Milan, Torino.

Nel 1983 il calciatore brasiliano Dirceu (un numero 10 che giocò 3 mondiali e 3 olimpiadi con la Seleçao) passa dal Verona al Napoli. I veronesi lo salutano così:

Dirceu ora non sei più straniero, Napoli ti ha accolto nel Continente Nero“.

La rivalità con il Napoli è fonte d’ispirazione per la goliardia razzista dei veronesi, che sono stati i primi a cantare (poi purtroppo imitati da troppe tifoserie italiane) “Vesuvio bruciali tutti“, o “Vesuvio lavali col fuoco”, esponendo striscioni come “Forza Vesuvio” o “Vesuvio pensaci tu”:

 

I napoletani sono stati accolti con un “Benvenuti in Italia” o “Lavatevi”:

Provocazioni alle quali i napoletani hanno risposto con il celeberrimo striscione che attacca uno dei simboli di Verona, il dramma shakespeariano di Romeo e Giulietta:

“Così la storia ha voluto: Giulietta è ‘na zoccola e Romeo cornuto“. Un botta e risposta fra veronesi e napoletani c’è anche quando i gialloblù iniziano ad esporre lo striscione “Noi odiamo tutti”:

Striscione al quale i napoletani replicano con “Noi amiamo tutti”.

Il discorso si fa più pesante quando gli ultras veronesi, che comunque non hanno mai rinunciato ad esporre svastiche e croci celtiche nella loro curva, contestano a modo loro l’acquisto di Maickel Ferrier. È la primavera del 1996 e l’Hellas sta per comprare Ferrier, giovane olandese di origini africane, che sarebbe il primo nero a vestire la maglia gialloblù.

In curva compare un manichino di un giocatore nero con la maglia del Verona: è impiccato, sorretto da due tizi “goliardicamente” mascherati coi cappucci a punta del Ku Klux Klan. Ferrier finirà alla Salernitana senza passare dal Bentegodi, se non da avversario.

A volte gli ultras Verona sono stati presi di mira in maniera eccessiva, come quando si è visto del razzismo anche nel coro “Ti amo terrone“, che in realtà è una canzone per niente razzista degli Skiantos, storico gruppo punk bolognese. Anche l’allenatore Andrea Mandorlini finì alla gogna perché cantava “ti amo terrone”.

Spesso i veronesi scandalizzano non solo il grande pubblico ma anche gli altri ultrà: è successo quando hanno deciso di aderire in massa alla tessera del tifoso, infischiandosene della battaglia contro quella tessera che stanno facendo la stragrande maggioranza delle curve.

Dimostrando così una certa astuzia, una certa duttilità tipica di una città di mercanti (lo erano gli Scaligeri, il cui stemma è lo stemma di Verona, lo erano sia i Montecchi che i Capuleti). È l’adesione alla tessera che dà ai veronesi la possibilità di spostarsi ancora in massa in trasferta, come a poche tifoserie è consentito fare.

“Guerra al calcio moderno? Scusate non abbiamo tempo”. I veronesi son così: quasi sempre “Soli contro tutti”, spesso sono goliardi

come questo ultrà che ha assistito nudo allo spareggio per la B fra Salernitana e Verona. Ma oltre a non rispettare le differenze di razza e di religione, oltre ad essere fascisti e solidali coi neonazisti greci di Alba Dorata

gli ultras del Verona passano ogni limite quando non rispettano i morti. Era già successo con Piermario Morosini, il calciatore del Livorno morto in campo, durante Pescara-Livorno, per arresto cardiaco. La curva gialloblù, in trasferta a Livorno cantò “Morosini figlio di p…”.

È successo di nuovo con i migranti morti al largo di Lampedusa. Gli ultras veronesi non si sono limitati a violare il minuto di silenzio, per farlo hanno deciso addirittura di cantare un coro funebre: “Io credo, risorgerò, questo mio corpo vedrà il Salvator”:

L’allenatore del Verona Mandorlini ha detto che quel coro va interpretato alla lettera: un canto funebre per i poveri morti.

Anche se, qualche giorno prima, il 4 ottobre, chi amministra la pagina facebook “Siamo l’armata del Verona” (oltre 5.000 fan) ha commentato così la notizia del disastro al largo delle coste siciliane: “SONO FINITE LE GITE A LAMPEDUSA”. Più di 250 “mi piace” e una dozzina di commenti che apprezzavano la battuta. Difficile interpretarla come solidarietà alle quasi 200 (per ora) vittime del naufragio.

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