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Valentino Petrillo è la prima atleta transgender alle Paralimpiadi: “Mio figlio? Solo lui può chiamarmi papi”

Valentina Petrillo è nata uomo, si chiamava Fabrizio, a 14 anni è diventato ipovedente a causa della sindrome di Stargardt, una malattia rara caratterizzata da perdita progressiva della visione centrale. Valentina ha vinto 11 titoli nazionali paralimpici maschili, si è sposato e ha avuto dei figli. Poi nel 2019 ha deciso di iniziare la transizione per diventare donna. Nel 2020 ha cominciato a gareggiare nel settore femminile e dopo il bronzo nei 200 e nel 400 metri femminili ai Mondiali dello scorso anno si presenterà alle Paralimpiadi di Parigi che si svolgeranno tra una settimana, dal 28 agosto all’8 settembre. A 50 anni sarà la prima atleta transessuale a competere ai Giochi, nella classe T12, riservata a chi ha una disabilità visiva, nella quale alcuni corrono con un accompagnatore e altri senza.

Valentina Petrillo prima atleta transgender alle Paralimpiadi

Dopo il caso di Imane Khelif, la pugile algerina medaglia d’oro a Parigi, con livelli di testosterone ritenuti regolari dal Comitato olimpico internazionale (Cio), ma non dalla screditata dagli scandali Federazione mondiale della boxe, la vicenda di Petrillo rischia di suscitare nuove polemiche e già monta sui social. Con l’aggravante che gli “haters” credono così di difendere sportivi disabili. L’anno scorso l’atleta ha rinunciato ai Mondiali Master in Polonia per le minacce.

Se Khelif ha spinto l’azzurra Angela Carini ha ritirarsi dopo 46 secondi dall’inizio dell’incontro, sostenendo di aver subito un colpo troppo forte dell’avversaria, la qualificazione di Petrillo per Parigi 2024 è stata contestata da un’atleta spagnola esclusa essendo arrivata quarta dietro l’italiana ai Mondiali. Melani Bergés Gàmez, 34 anni, non vedente al 90 per cento come conseguenza dell’albinismo, dopo essere rimasta fuori dal podio dei 200 per appena 8 centesimi ha protestato sostenendo che una transgender non può confrontarsi con le donne, essendo avvantaggiata dal fisico. “Sono alta un metro e 70 e Valentina mi supera con tutta la testa e oltre – dichiarò al quotidiano spagnolo El Mundo -. Difendo i diritti delle donne cisgender (per le quali l’identità di genere coincide con il sesso assegnato alla nascita, Ndr), ma non significa che odi le trans. Però non possiamo competere con persone geneticamente superiori”. Gàmez fu a sua volta minacciata di morte sul web. La World Athletics (Federazione internazionale di atletica leggera) non permette a chi è in transizione di genere (a meno che non sia avvenuta prima della pubertà) di gareggiare con le donne, mentre il Comitato paralimpico internazionale, che organizza i Giochi di Parigi, lo consente.

Il manifesto "Odiare non è sport"
Il manifesto “Odiare non è sport” (foto Ansa) – Blitz Quotidiano

Il manifesto “odiare non è sport”

La Petrillo è stata protagonista di un documentario, “5 nanomoli (l’unità di misura del testosterone, quando è sotto la soglia di 5 si può gareggiare con le donne Ndr), il sogno olimpico di una donna trans” è stata osteggiata anche in Italia. Ai campionati nazionali le altre atlete hanno chiesto di non farla entrare negli spogliatoi femminili in quanto ancora dotata di organi genitali maschili. Nelle ultime dichiarazioni la cinquantenne originaria di Napoli – città dalla quale ha detto di essere andata via molti anni fa per paura – ha affermato: “La mia presenza è un importante momento di riflessione per tutti, può essere d’aiuto anche sul fronte del linguaggio. C’è un modo corretto di parlare con le persone disabili, con le persone del mondo Lgbt, con tutte le persone per così dire “diverse”. Spesso il linguaggio lascia molto a desiderare, certe convenzioni fanno male alle nostre vite, come ad esempio usare il nome della nostra precedente vita (‘dead name’). C’è discriminazione dal punto di vista linguistico verso le persone trans e disabili”. Petrillo ora arriva a Parigi preceduta da un manifesto online con scritto “Odiare non è uno sport – Insieme contro ogni forma di hate speech e discriminazione nello sport”.

“Solo mio figlio può chiamarmi papi”

La Petrillo è stata intervistata dal Quotidiano Nazionale: “Sono nata a Napoli il 2 ottobre 1973. Sono affetta dalla Sindrome di Stargardt e sono ipovedente. Nel 1994 sono arrivata a Bologna. Nasco come Fabrizio. Nel 2017 faccio coming out. Dal 2023 sono legalmente una donna”. La Petrillo ha Lorenzo, un figlio di 9 anni: “Mi ero sposato con Elena, dalla quale mi sono separata e con la quale sono in ottimi rapporti. È nato Lorenzo, che ha 9 anni. È l’unico autorizzato solo a chiamarmi papi“.

Elena e Lorenzo saranno a Parigi “a fare il tifo per me”. E ci sarà anche il fratello di Valentina.  Valentina lavora per un’azienda di informatica a Casalecchio: le ha dato un permesso speciale per gareggiare: “Non ho dovuto dare fondo al monte ferie come in passato. Fino all’anno scorso, ero in rosso per i giorni di vacanza. Ne avevo utilizzati più di quelli maturati. Ma la mia azienda mi ha sempre aiutato. Nel 2018 ho preannunciato la mia decisione. Mi sono rimaste impresse le parole del direttore del personale. Tu continua a lavorare come hai sempre fatto. E sarai valutata per come lavori, non per le apparenze”.

A proposito dei genitori e della transizione, Valentina racconta: “Papà Edoardo ha 82 anni. Uomo di Napoli, tutto d’un pezzo. Ha fatto fatica, ma è stato il primo a chiamarmi Valentina. Mio fratello Francesco ha impiegato più tempo”. La mamma “si chiamava Adriana. È scomparsa nel 2017, prima che iniziassi il mio percorso. Ma aveva intuito tutto”.

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