Zakia Koudadadi e Nilofar Bayat sono salve: le due atlete afghane la cui partecipazione alle Paralimpiadi di Tokyo è stata impedita dall’invasione dei talebani a Kabul, sono ora al sicuro.
Lo scorso 17 agosto, Zakia aveva lanciato un appello alla comunità internazionale attraverso l’Agenzia Ansa che fu rilanciato in tutto il mondo. Ora è nelle mani degli australiani.
Paralimpiadi Tokyo, Australia concede visto agli atleti afghani
L’Australia ha concesso un visto a lei e a un gruppo di altri sportivi, soprattutto donne, ora al sicuro e già in volo dopo l’ingresso all’aeroporto di Kabul. Le atlete sono state portate a Dubai, da dove verranno poi imbarcate per l’Australia con visti umanitari.
La missione di salvataggio è stata coordinata da un piccolo gruppo di ex sportivi, tra cui l’ex olimpionica canadese e avvocato a Sydney Nikki Dryden, che ha raccolto i dossier degli atleti a rischio. Quello di Zakia era stato seguito dalla Federtaekwondo italiana e dal comitato paralimpico italiano.
Nilofar Bayat e il marito Ramish in Spagna
Dopo tutta la paura e l’incertezza vissute a Kabul, la giocatrice della nazionale afghana di basket su sedia a rotelle Nilofar e suo marito Ramish, anche lui atleta della stessa disciplina, possono finalmente vedere una luce di speranza in fondo al tunnel: evacuati dall’Afghanistan sotto la responsabilità della Spagna, entrambi hanno accetttato un’offerta per giocare in una squadra di Bilbao, il Bidaideak.
Anche se, per Bayat, ora non è possibile lasciarsi alle spalle quanto vissuto negli ultimi giorni in Afghanistan, un Paese in cui non vede nessun “futuro né speranza”, e tantomeno dimenticare tutte le persone “che stanno cercando una via d’uscita” da lì, ha detto ai giornalisti spagnoli.
“Sono molto contenta di essere qui, ma anche triste e arrabbiata per la situazione difficile in cui si trova il mio Paese”, ha affermato la giocatrice. “Negli ultimi giorni ho visto il pericolo e la sofferenza che comporta per le persone un governo dei Talebani”, ha aggiunto.
Per l’arrivo di Bayat e di suo marito in Spagna, è stata decisiva la catena di solidarietà fatta partire da un giornalista iberico e che ha portato le loro disperate richieste d’aiuto all’attenzione delle autorità.
“Voglio ringraziare tutte le bellissime persone che mi hanno offerto il loro sostegno per arrivare sin qui”, ha detto. A suo avviso, resta ora la necessità di continuare a dare supporto alle persone rimaste in patria.
“Chiediamo alle Nazioni Unite e agli altri Paesi di aiutare l’Afghanistan e non lasciarci soli. I Talebani sono gli stessi di 20 anni fa, e vediamo come questo sia un pericolo soprattutto per donne e bambine”, è l’appello della cestista.