Lohengrin, eroe fragile come Monti. Verdi-Wagner? Italia in crisi d’identità

di Daniela Lauria
Pubblicato il 8 Dicembre 2012 - 11:16 OLTRE 6 MESI FA
Il premier Mario Monti e sua moglie Elsa all’inaugurazione della stagione 2012/2013 della Scala di Milano (Foto Lapresse)

MILANO – Niente inno di Mameli prima dell’inizio del Lohengrin diretto da Daniel Barenboim che ha aperto la stagione lirica alla Scala. L’inno è stato eseguito alla fine con tanto di coro, ma non sono mancate le polemiche. Però la morale di questa prima è stata un’altra, perché la prima di Lohengrin è stata soprattutto un debutto con lo spettro di una fine, quella del governo Monti. 

Sono in molti a farci caso: tante le similitudini possibili tra l’Italia e la terra di Brabant. Troppe le coincidenze sulla messa in scena di un dramma che parla innanzitutto di una crisi d’identità: quella che l’Italia sta attraversando. Andrew Clark sul Financial Times si schiera contro la scelta di aprire la stagione con un’opera wagneriana invece che con Verdi: stiamo parlando della Scala, tempio della lirica italiana e teatro di Verdi. Clark accosta questa scelta all’attuale crisi d’identità dell’Italia.

Il tema Verdi-versus-Wagner tocca un nervo scoperto nella psiche nazionale, mettendo in evidenza l’insicurezza dell’Italia circa il suo posto nel mondo. Ha incanalato la frustrazione degli italiani per il declino economico del Paese, la loro preoccupazione per la crisi dell’euro incalzante e la loro paura di dominazione tedesca. 

I critici della Scala, col milanese Corriere della Sera in testa, hanno ragione quando osservano che la Germania non avrebbe mai inaugurato un anno di Wagner con un’opera di Verdi. 

Quello che ha stupito e coinvolto il pubblico è la lettura che il regista Claus Guth ha dato di questo Lohengrin, un personaggio assai lontano dall’eroe tutto d’un pezzo della tradizione, che in questa versione risulta assai fragile, un eroe divino che resta estraneo al mondo in cui è inviato dal santo Graal e in cui non riesce a trovare la propria identità. Un eroe fragile e precario, come quelli che manifestavano sotto la neve fuori del teatro. Precario come il sovrintendente in scadenza, Stephane Lissner che ospita in sala quello che è dato come favorito come suo successore, Alexander Pereira. Ma soprattutto precario come Mario Monti, primo ministro ormai traballante, sotto scacco del Pdl che lo terrà legato al guinzaglio per “schiaffeggiarlo” durante tutta una campagna elettorale lunga tre mesi.  Per farla questa campagna elettorale a Silvio Berlusconi occorrerà  che il “governo delle tasse e dei banchieri”ci sia, stia lì come bersaglio fermo e immobile.

Il Lohengrin messo in scena da Guth appare debole, fragile, impacciato, tremante in una dimensione magica, un po’ morbosa, perché è un eroe divino ancora non compiutamente umano. un po’ come il Monti-robot preso in giro da Maurizio Crozza. Ma tutti vedono ugualmente in lui, vincitore nel giudizio di Dio contro Telramond, un salvatore, un uomo del destino che salverà la terra di Brabant (si legga pure il Belpaese).

L’unica via d’uscita è l’amore puro e assoluto di Elsa, che guarda caso porta lo stesso nome della first lady che ha accompagnato il professore alla prima. Così come Elsa è il nome del ministro Fornero, una delle donne più in vista del suo governo tecnico. Elsa, nell’opera è la fanciulla che salva dall’ingiusta, infamante accusa di aver soppresso il fratello minore Gottfried. Ma quando la malefica e diabolica azione di Ortrud semina il dubbio nella mente di lei fino a farle dubitare della vera identità di Lohengrin tanto da porgli la domanda proibita (Elsa aveva giurato di non chiedergli mai della sua identità), egli si rivela, ma la sua natura divina riprende il sopravvento e non gli resta che abbandonare le vicende terrene, tornandosene da dove è venuto. Nelle alte sfere dell’iperuranio bocconiano?