Poche parole di premessa al testo della bozza dell’ “Accordo internazionale per un rafforzamento della unione economica” (originale: ”INTERNATIONAL AGREEMENT ON A REINFORCED ECONOMIC UNION”), che viene discusso in queste ore tra l’Unione europea e i singoli stati.
Mentre l’Italia si rifà delle pur sobrie bevute natalizie, negli uffici del Ministero dell’Economia si studiano con attenzione e anche un po’ di paura le norme che gli euroburocrati stanno mettendo a punto in vista di un rafforzamento dell’unione economica europea.
Ci sono poche ore per proporre emendamenti alla bozza di accordo; il termine scade il 29 dicembre.
Il documento occupa sette pagine e mezzo di testo dattiloscritto, in inglese, la lingua franca degli economisti.
Il punto centrale è però tutto nelle 3 righe (nel documento dattiloscritto originale) dell’art. 4 della bozza di trattato: ”When the ratio of their government debt to gross domestic product exceeds the 60 % reference value mentioned under Article 1 of Protocol No 12, the Contracting Parties undertake to reduce it at an average rate of one twentieth per year as a benchmark”. (Quando il rapporto tra il debito pubblico di un governo e il prodotto interno lordo supera il valore di riferimento del 60% […quel governo si impegna] a ridurlo a un tasso medio di un ventesimo all’anno”.
Si prega di notare il termine: “quando il rapporto debito del governo sul Pil ecc.” che è carico di significati.
Intanto vuole dire una secca sconfitta per l’Italia, dove l’eccesso di spesa pubblica è compensato dalla parsimonia dei cittadini, e una vittoria per la Germania, che alzerebbe meno la cresta se si sommassero, ai debiti pubblici quelli privati. Poi vuole anche dire una beffa per il fu ministro dell’Economia Giulio Tremonti che si era vantato di avere ottenuti dagli altri partner europei esattamente quello che invece non c’è.
In realtà la tesi Tremonti era stata accolta nel comunicato finale del G20 di circa un anno fa, ma a quanto pare si trattava più di una dichiarazione di intenti che di un impegno, anche perché il G20 nulla può imporre ai paesi che si identificano nell’euro. Era stata sbandierata un po’ troppo frettolosamente dal governo italiano e un po’ troppo acriticamente diffusa dai mezzi di informazione.
Per leggere il testo, in inglese, qui