Menarini, “un aiuto da Berlusconi” per far salire il prezzo dei farmaci

Pubblicato il 11 Novembre 2011 - 09:23 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Una cena a casa del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per cercare di strappare una legge favorevole in materia di farmaci, una legge che ne facesse aumentare il prezzo. E ancora, secondo gli investigatori che hanno da poco chiuso le indagini sul gruppo farmaceutico Menarini, “una scientifica distribuzione del denaro, mirata all’obiettivo che si vuole raggiungere”.

Il centro dell’inchiesta è Alberto Sergio Aleotti, patron del gruppo farmaceutico,  sospettato di aver provocato un danno al sistema sanitario nazionale di 860 milioni di euro. Indagati anche i figli di Menarini, Lucia e Giovanni, il senatore Pdl Cesare Cursi. Secondo i pm il gruppo avrebbe ottenuto un aumento dei prezzi dei farmaci procurandosi un ”ingiusto profitto non inferiore ai 575 milioni di euro”. Tra le accuse, a vario titolo: truffa ai danni dello Stato, riciclaggio, evasione fiscale, corruzione.

Carte alla mano, Marco Gasperetti su Corriere della Sera spiega: “Nelle migliaia di pagine, zeppe di intercettazioni, si fanno nomi di politici illustri (nessuno di loro inquisito), ministri e del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che, ipotizzano i magistrati, sarebbe intervenuto per l’approvazione di un disegno di legge favorevole al gruppo Menarini. Decisiva sarebbe stata una cena il 6 maggio del 2009 a villa Madama alla quale Aleotti sarebbe stato invitato. A raccontarlo, otto giorni dopo, è lo stesso patron di Menarini in una conversazione con Maria Angiolillo, la regina dei salotti romani e vedova del fondatore de Il Tempo , Renato Angiolillo, scomparsa due anni fa”.

Quindi la descrizione del momento topico della cena: “Il presidente mi ha voluto vicino… E a un certo punto ho avuto il coraggio di dire “immagino signor presidente che lei abbia anche influito per quella questione…”. E lui mi ha detto: “Aleotti! C’abbiamo avuto addirittura un incontro a tre”». Più avanti Aleotti fa anche i nomi: «Gianni Letta e il ministro dello Sviluppo (al tempo Claudio Scajola, ndr )»”.

Agli investigatori non sfugge una particolare coincidenza temporale: il giorno stesso dell’intercettazione la legge viene approvata alla Camera e passa al Senato.