In passato era chiamata mal sottile, perché sembrava consumare le persone dentro. Ora è la malattia dei poveri e degli emarginati. Di tubercolosi infatti si continua a soffrire e morire, non solo nel mondo ma anche nel nostro Paese.
Ogni anno nel mondo sono quasi 2 milioni, pari a 5 mila al giorno, le vittime di questa malattia che nel 2008 ha contagiato 9,4 milioni di persone. E 5 mila sono anche i casi registrati in Italia ogni anno, la maggior parte dei quali interessa persone migranti. A tirare le somme, in occasione della Giornata mondiale della tbc, che si celebra domani 24 marzo, è l’associazione Stop Tb Italia, che lancia l’allarme anche in vista dei prossimi mondiali di calcio.
In Sudafrica infatti, dove la tisi è endemica, possono essere a rischio di contagio anche atleti, staff, autorità, giornalisti e tifosi. Stadi, mezzi di trasporto, ristoranti ed alberghi sono possibili luoghi di trasmissione della malattia. «Chi andrà ad assistere ai Mondiali di calcio – spiega Luigi Codecasa, responsabile del Centro Regionale per la Tbc dell’ospedale Niguarda di Milano – è bene che si sottoponga al test per la tbc se al rientro a casa non dovesse sentirsi bene e se i sintomi dovessero persistere per più giorni». Secondo l’ultimo rapporto dell’Oms “Global Tuberculosis Control 2009”, il 98 per cento dei decessi avviene in Paesi in via di sviluppo, e le persone colpite hanno tra i 15 e i 50 anni.
Il Sud Est asiatico e l’Africa rappresentano circa 1/3 dei casi, mentre in Europa ci sono solo il 5 per cento dei casi mondiali. I primi cinque Paesi per numero di casi sono India (2 milioni), Cina (1 milione 300 mila), Indonesia (530mila), Nigeria (460mila) e Sudafrica (460mila). Nel continente nero vi è anche l’epicentro della tubercolosi a co-infezione con l’hiv, con oltre l’80 per cento dei casi.
Circa il nostro Paese, la tubercolosi attualmente colpisce quasi 5mila persone. A incidere sono soprattutto i ritardi diagnostici “di 3 mesi” e i “trattamenti scorretti cui vengono sottoposti i malati”. I più colpiti sono gli immigrati extracomunitari, costretti a vivere spesso in condizioni disagiate. In pochi anni il numero dei migranti con tbc è passato dal 22 per cento nel 1999 al 43 per cento nel 2007. «Va ricordato però – precisa Maria Grazia Pompa, direttore dell’ufficio malattie infettive del ministero della Salute – che queste persone si ammalano a 2 anni dal loro ingresso in Italia, a causa delle pessime condizioni in cui vivono, che indeboliscono le loro difese immunitarie. Altri soggetti a rischio, proprio per la loro debolezza, sono anziani e malati di Aids».
A preoccupare gli esperti è anche la diffusione della tubercolosi multirestistente ai farmaci. Secondo l’Oms, su circa mezzo milione di casi l’anno, solo il 7 per cento viene diagnosticato e trattato. Circa un terzo delle persone contagiate muore. I più colpiti sono i Paesi dell’ex Urss. «In Italia – aggiunge Franco Fattorini, dell’Iss – i numeri sono contenuti anche se in aumento. Si è passati dall’1,1 per cento di casi nel ’98 a 2,7 per cento nel 2008». L’invito di medici e operatori è quello di destinare più risorse a strutture e farmaci per il trattamento della tbc. «Può capitare a tutti – conclude Pompa – di entrare in contatto con il batterio della tbc, che si sviluppa in forma attiva in 1 caso su 10. Cosa che può accadere anche a distanza di molti anni, finanche decenni. Riconoscere e curare tempestivamente questa malattia è quindi fondamentale».