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Claudia Cardinale: “Io, stuprata a 16 anni: da quella violenza nacque mio figlio”

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Claudia Cardinale: “Io, stuprata a 16 anni: da quella violenza nacque mio figlio”

ROMA – Sul caso di Harvey Weinstein e sugli abusi denunciati anche da Asia ArgentoClaudia Cardinale non vuole commentare. La diva sceglie di consegnare al Corriere della Sera un racconto tragico. La Cardinale, infatti, racconta di essere stata stuprata quando era giovanissima, aveva appena 16 anni. Una violenza sessuale dalla quale nacque suo figlio.

“Stavo vivendo, in quel periodo, un momento molto delicato della mia vita – racconta l’attrice al Corriere della Sera – Un uomo che non conoscevo, molto più grande di me, mi costrinse a salire in auto e mi violentò. È stato terribile, ma la cosa più bella è che da quella violenza nacque il mio meraviglioso Patrick. Io infatti, nonostante fosse una situazione molto complicata per una ragazza madre, decisi di non abortire. Quando quell’uomo seppe della mia gravidanza, si rifece vivo, pretendendo che abortissi. Neanche per un attimo pensai a disfarmi della mia creatura! Ne parlai con i miei meravigliosi genitori e con mia sorella Blanche e tutti insieme decidemmo che il mio bambino sarebbe cresciuto in famiglia, come un fratello minore”. La Cardinale, rivela, fu stuprata a Tunisi, dov’era nata. “L’aspetto buffo della vicenda – prosegue nel racconto – è che io avevo già cominciato a lavorare nel cinema e praticamente fino all’ultimo nessuno si era accorto che ero incinta”.

Quando fu il momento di partorire, per contenere lo scandalo, Franco Cristaldi, con cui aveva appena iniziato un contratto, decise di portare l’attrice a Londra: “Per questo mio figlio si chiama Patrick: ha preso il nome della chiesa dov’è stato battezzato. Fui grata al produttore per avermi aiutata in quel momento difficile, poi però…”. Il punto è che con Cristaldi iniziò una relazione, piuttosto difficile, “e lui – riprende – voleva che mantenessi segreta la nascita del bambino, non voleva nemmeno che vivesse con noi”. “Con lui ero praticamente un’impiegata, una subalterna che veniva pagata al mese per i quattro film l’anno che facevo: non lo chiamavo nemmeno per nome, ma per cognome. Mi sentivo in ostaggio, mio padre e mia madre erano furibondi”.

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