Cosa pensano gli italiani di Netflix con la pubblicità?

Netflix, popolare servizio di streaming video, leader mondiale del mercato, introduce l’abbonamento con la pubblicità, una scelta fatta per limitare il calo di utenti, offrendo un pacchetto appetibile a prezzo vantaggioso. Esistono però dei vincoli per la proposta che viene fatta, ma, soprattutto, ci sono diversi minuti di pubblicità ogni ora, entriamo tra poco nel dettaglio. Grazie ai dati raccolti in queste settimane, cerchiamo di capire quale sia l’opinione generale degli utenti italiani sulla nuova direzione intrapresa dalle piattaforme di streaming, che stanno riducendo drasticamente la distanza rispetto ai servizi televisivi tradizionali.

Come funziona Netflix con la pubblicità

Dal 3 novembre, in Italia e altri 12 paesi del mondo è disponibile il nuovo piano Netflix con pubblicità al costo mensile di 5,49 euro. C’è un dettaglio importante, però: 5 minuti di pubblicità (divisi in spot da 15 o 30 secondi) per ogni ora di visione: questo è il compromesso scelto dalla piattaforma di streaming, per soddisfare gli utenti che richiedevano abbonamenti a costi inferiori.

Si tratta di un abbonamento singolo, utilizzabile su un solo dispositivo e visibile solo online, quindi senza la possibilità di effettuare il download dei contenuti. La qualità di visione massima è di 720p, come nel piano basic. Inizialmente, a causa di problematiche legate a licenze pubblicitarie, il catalogo disponibile sarà ridotto del 5-10% circa.

Cosa ne pensano gli italiani

Per conoscere la reazione degli utenti italiani alla possibilità di sottoscrivere un abbonamento con pubblicità, abbiamo analizzato gli esiti di un’indagine condotta da Sensemakers, società di consulenza sull’analisi dei media e l’interpretazione dei dati. Sono stati raccolti prima dell’ufficiale introduzione del nuovo piano Netflix, raccogliendo il cosiddetto “sentiment”: è stato intervistato un campione di 1000 utenti italiani fruitori di contenuti video su piattaforme di streaming, che guardino contenuti almeno 2-3 volte a settimana, tramite streaming live o con una selezione on demand.

Ciò che emerge dal sondaggio è una chiara predisposizione degli utenti alla pubblicità, seppur con una serie di vincoli o “limitazioni”. A parità di contenuti infatti 2/3 degli intervistati accetterebbe il passaggio ad un piano con la pubblicità a patto che tale cambiamento comporti una riduzione del costo del piano, vale per 40%, o la gratuità del servizio che è importante per il 29%.

La situazione diventa ancor più chiara se a introdurre la pubblicità è un servizio come Netflix. Solo il 15% delle persone interpellate infatti ha dichiarato di voler rinunciare al servizio nel caso di un’eventuale presenza di pubblicità durante la visione di un contenuto. Ed è dunque pari all’85% la percentuale degli utenti non contraria all’introduzione di spot pubblicitari sulla piattaforma di streaming.

Come cambierà lo streaming in futuro

Fabrizio Angelini, CEO Sensemakers – Comscore Italia, ha parlato della novità sostenendo la necessità di Netflix di ricercare un punto di equilibrio tra il bisogno di non cannibalizzare i propri ricavi e l’estensione progressiva delle proprie audience pubblicitarie (inizialmente molto contenute). Coloro che investono nella pubblicità in tv infatti, si aspettano di raggiungere fasce molto ampie di popolazione e sotto questo punto di vista il vantaggio competitivo a favore dei grandi broadcaster tradizionali è ancora ampio.

Il problema degli autori e dei contenuti

Quello che forse Netflix non si aspettava è la reazione di alcuni creatori di contenuti, quelli che negli Stati Uniti chiamano “Showrunners”, come la popolare Shonda Rhimes: molti di loro si sono schierati contro la decisione di inserire pubblicità nel corso delle puntate, perché questa abitudine interrompe il flusso creativo. Questo sarà uno scoglio da affrontare, perché il rischio è che gli autori più famosi, quelli che controllano le produzioni più importanti, puntino i piedi per mantenere le proprie produzioni libere da pubblicità, questo creerebbe uno squilibrio per il catalogo del piano tariffario con pubblicità, rendendolo di fatto meno appetibile. Probabilmente, quello che viene scritto questi giorni è solo il primo capitolo di una storia che ha uno sviluppo ancora imprevedibile.

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