Culaiò al Tg1 delle 13,30. Lapsus ma...scusarsi no? Culaiò al Tg1 delle 13,30. Lapsus ma...scusarsi no?

Culaiò al Tg1 delle 13,30. Lapsus ma…scusarsi no?

Culaiò al Tg1 delle 13,30. Lapsus ma...scusarsi no?
Culaiò al Tg1 delle 13,30. Lapsus ma…scusarsi no?

ROMA – Culaiò al Tg1. E’ lì un po’ di minuti dopo le 13:30 che è apparso per poi ovviamente svanire un signore dal buffo cognome che qualcuno aveva squalificato per due anni. Squalificato da cosa? Dal giocare al calcio da professionista. [App di Blitzquotidiano, gratis, clicca qui,- Ladyblitz clicca qui –Cronaca Oggi, App on Google Play] Culaiò, Culaiò…ma dove gioca o giocava questo Culaiò?

In nessun luogo, in nessuna squadra. L’unico luogo dove Culaiò ha giocato, anzi vissuto, sono quei due secondi scarsi nelle parole della conduttrice dell’edizione del Tg1. Culaiò ovviamente non esiste. Ci si riferiva, meglio dire si tentava di riferirci a Calaiò del Parma. E quindi alla notizia dei cinque punti di penalizzazione in classifica comminati appunto al Parma e i due anni di squalifica a Calaiò che del Parma è attaccante.

E allora, vogliamo crocifiggere, inchiodare alla croce di una vocale sbagliata? Può capitare a tutti, proprio a tutti. Sbagliare una vocale nel leggere un testo. O perfino sbagliare una vocale nel verbalizzare qualcosa che non si sta leggendo ma si sta esponendo. Capita, può capitare. E’ un lapsus. E non è indice di nulla, non è sintomo di nessun difetto o pecca nel lavoro svolto. Un lapsus, non varrebbe nemmeno la pena di farci caso. Se non fosse che…

Se non fosse che quando uno (capita a tutti) incorre in un lapsus nel verbalizzare quell’uno se ne accorge. Siam dotati infatti di orecchie senzienti oltre che di labbra pronuncianti. Uno fa un lapsus e ascoltandosi se ne accorge di aver sbagliato una vocale. Nel caso in specie lo sbaglio dà vita poi a un cognome quasi comico, un po’ grottesco. Uno se ne accorge di sicuro del lapsus.

E quindi, nel rientrare in studio o nel prosieguo del notiziario, come si fa spesso, l’uno/una autore del lapsus si scusa e si corregge. E mentre lo fa si guadagna una micro simpatia e solidarietà di chi lo ascolta in tv. Invece stavolta no, stavolta niente scuse. Maleducazione? Neanche a pensarlo. Imbarazzo? No, a occhio proprio no.

Uno/a si scusa con imbarazzo o con un complice sorriso o perfino con autoironia alla sola condizione di rendersi conto del lapsus. Per dirla in breve scuse, correzione e sorriso arrivano automaticamente se uno/a lo sa che quello di cui parla si chiama Calaiò e non Culaiò. Per scusarsi, correggersi e sorridere bisogna saperlo che un calciatore Culaiò non esiste.

Forte è il sospetto che scuse e sorrisi non siano venuti dentro il Tg perché proprio lì in quel Tg e in quel momento lì chi parlava non sapeva di chi e cosa parlava. Un’eccezione, un caso raro? Tutt’altro: una buona probabilità che sia andata così.

E che spesso vada così è praticamente una certezza. E’ più o meno la regola in conduzione: mai sapere proprio proprio di cosa stai parlando. Mica pretenderemo giornalisti informati, che leggono i giornali e li leggono tutti ogni giorno, leggendo magari anche di calcio se sono donne o di moda se sono maschi o di politica estera se fanno cronaca o di cronaca se fanno politica? Che pretesa…

Gestione cookie