Ex Iene Luca (e Paolo): “Mi drogavo. Per questo ce l’ho con Giovanardi”

 

 

ROMA – Tra lo spettacolo ispirato a Gaber, ‘Non contate su di noi’ (che dopo il Teatro Strehler di Milano hanno portato al Politeama Genovese) e gli impegni che verranno (Camera Cafè su Italia Uno dal 13 dicembre, il sequel di Immaturi al cinema dal 5 gennaio, in febbraio su Canale 5 il debutto da conduttori di Scherzi a Parte), Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu si confessano a Vanity Fair ­ che dedica loro la copertina del numero in edicola da mercoledì 7 dicembre ­ in una doppia intervista.

A partire dal Festival di Sanremo, che hanno condotto quest’anno assieme a Gianni Morandi, e dalle Iene, che hanno lasciato dopo 10 anni di conduzione. Morandi tornerà a Sanremo. “E noi andremo a trovarlo, per una questione affettiva. Abbiamo bei ricordi di quell’esperienza, ma non l’avremmo mai rifatta come conduttori: se vinci due a zero contro il Real Madrid, una partita dove tutti ti davano perdente, che senso ha giocarla di nuovo?”.

Sulle Iene, Luca dice: “Ne abbiamo vista qualche puntata. Mi lusinga che Argentero faccia me: mi sembra che cerchi di fare un po’ le mie cose, e un attore che ti imita fa sempre piacere. Ho provato una sensazione strana, all’inizio: è un programma che considero anche nostro. Se avessimo voluto, probabilmente, avremmo potuto continuare, ma le Iene vanno in onda tutto l’anno, non ti lasciano il tempo di fare altro e sarebbe un po’ pericoloso, a quarant’anni, non fare altro”.

Paolo dice: “Ci ha aiutati il fatto che, quando è iniziata la nuova stagione, fossimo in Grecia a girare Immaturi. A Paros non c’è Italia Uno”.

Non è vero, quindi, che avete lasciato dopo una lite con Davide Parenti, il creatore del programma. Paolo risponde: “Non è stato quello il motivo. Anche se, dopo tanti anni che lavori insieme, è normale ci siano delle discussioni”. E Luca: “Davide ha l’indubbio merito di aver portato le Iene al successo, ma noi rivendicavamo un’indipendenza artistica che, da parte sua, non è sempre stata ben accetta”.

Sulla voce che dopo il successo di Sanremo si fossero un po’ montati la testa, Luca dice: “Questa è una cattiveria messa in giro da Parenti. Noi eravamo dei tritaminchia prima, e lo siamo rimasti dopo Sanremo: sul lavoro non abbiamo un atteggiamento simpatico, siamo due che non ridono mai. E non a tutti fa piacere quando hai successo”.

Luca ricorda la sua adolescenza difficile:  “Non ho un bel ricordo di quel periodo. Vivevo in strada. Ho provato un po’ tutte le droghe, e proprio perché conosco il problema mi incavolo con quelli come Giovanardi, incapaci di vedere che l’unica strada è la liberalizzazione. Io sono fortunato, perché sono qui a parlarne, ma ho tanti amici che hanno fatto una brutta fine. Mi ha salvato il teatro: appena entrato allo Stabile di Genova, sono scomparso dalla strada. Sapevo che recitare era la mia ultima possibilità”.

Paolo, a Paros racconta del suo brutto incidente in moto. “Stavo andando sul set quando all’improvviso un’auto è uscita di strada e mi ha centrato. Frattura della rotula, stiramento al crociato sinistro, e una gran botta in testa: poteva andarmi molto ma molto peggio. Da quando mi sono sposato (nel 2003, con la conduttrice e giornalista Sabrina Donadel, madre di Lunita, ndr) non ho mai tolto la fede, neanche per esigenze di copione. Dopo due giorni in ospedale, quando riesco finalmente a muovere la mano, mi accorgo che non ce l’ho più al dito. Allora chiamo un ragazzo della produzione e, senza alcuna reale speranza di poterla ritrovare dopo 48 ore, gli chiedo di andare sul posto a dare un’occhiata. Venti minuti dopo mi chiama per dirmi che l’ha trovata in quell’esatto punto sull’asfalto. Come se qualcuno l’avesse appoggiata lì”. È credente? “Soprattutto negli ultimi tempi, avevo preso l’abitudine a una specie di dialogo con me stesso che, in realtà, non può prescindere da un interlocutore non terreno. Mi piace pensare che sia stato quello a proteggermi”.

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