Marco Giallini: “Sto in lockdown da quando è morto mia moglie. Se mi sono più innamorato? Ma di chi? Ma perché?”

Intervistato da Candida Morvillo del Corriere della Sera, l’attore Marco Giallini ha parlato un po’ di sé e della sua vita privata.

Marco Giallini e le moto: “Mi sogno a volte l’attimo che pinzo. Io vado forte”

“Moto? Cinquantadue fratture in un colpo solo. Mi sogno a volte l’attimo che pinzo. Io vado forte. Nelle borgate, ci si giocavano anche i denari, andando a 200 o 240 all’ora. Caddi durante queste gare? No, correvo verso casa, sul bagnato. In moto so andare a un livello che pensavo di essere un dio, finché ti rendi conto che le cose possono accadere. Un amico ha detto: Giallini ci scrive con la moto. Sentirmelo dire mi fece piacere. Più della signora che al festival di Venezia mi disse: sono anni che sto qua, è la prima volta che sento ridere. Io non ce la faccio a non dire una stupidata per far ridere la gente che sta seria. Perché stanno tutti così? Stiamo come in una dittatura dell’individuo, dell’io”.

Quando venne l’idea di diventare attore? “Stavo lì, ragazzino, la testa che ti senti che ti va tutto stretto. Il tempo passa. Gli amici mi dicevano: ma perché non fai l’attore? Ero quello che, se c’è Giallini, andiamo, se non c’è, dove andiamo? Non è una bella cosa, anzi: è come se tutti avessero bisogno di te, è un po’ dura. Alla fine, ti rompi e ti chiudi qua. Alla fine, io sto in lockdown da quando è morta Loredana”.

Marco Giallini e la moglie: “Lei era la donna mia e io il suo uomo. Nel mondo, quante ce ne possono stare di persone per te? Una”

A luglio sono dieci anni. “Quello è il momento in cui ho deciso di diventare popolare. L’ho deciso proprio, perché sarei uno che s’ adagia, sono pigro, ammazza come sono pigro. Nel senso che ancora aspetto di giocare con la Roma. Ero arrivato qui, a Tor Lupara, per Loredana. Ci siamo messi in 40 metri, non eravamo abbienti. Ci siamo sposati nel ’93, facevo teatro e altri lavori, però avevo ripreso la scuola, mi ero iscritto a Lettere e a scuola di recitazione. Ero diventato bravo, colto, oltre che bandito”.

Quanti sacrifici? “Facevo l’imbianchino, otto ore. E la sera, la scuola di teatro. Poi, otto ore erano troppe. Ho iniziato a portare il camion delle bibite, la mattina. Dopo, tornavo a casa, doccia, prendevo il mio Yamaha, andavo a scuola. Parcheggiavo contro il muro, non avevo manco il cavalletto e entravo, col chiodo, i capelli lunghi. Boom! A volte, mi prendevano per uno spettacolo. Un giorno, per strada, avevo il cappello di carta da muratore, incontro un collega attore. Mi guarda: ma che fai? E io: stamo a fa’ un film”.

Mancata sua moglie, come ha fatto con due figli di 12 e 5 anni e di che aveva paura? “Che ne so, il dolore era troppo. Il pensiero che lei rientri a casa da un momento all’altro dura due anni, poi, capisci che morire è prassi. Non a 40 anni. Non fra le mie braccia, mentre prendiamo le valigie per le vacanze. Ma non sono l’unico a cui è successo. Fare a meno è questione di testa, anche fare a meno delle menti dei bimbi non più chiare, del loro pensiero: vorresti sapere che pensano il giorno della festa della mamma o quando spegni la tv e quello, a 5 anni, strilla: mamma mamma”

Si è più innamorato? “Ma di chi? Ma perché? Innamorato ero di mia moglie. Per 27 anni, non ci siamo mai lasciati e non abbiamo mai litigato. Lei era la donna mia e io il suo uomo. Nel mondo, quante ce ne possono stare di persone per te? Una”. 

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